Underground Fragrance
Pengfei - Francia/Cina 2015 - 1h 15'

 12a Giornate degli autori

    L’imitazione porta con sé una connotazione preferibilmente evitabile ed è per forza di cose riferita all’opera e all’ingegno dei più grandi. E’ grazie allo studio, all’assimilazione e al confronto con ciò che è stato creato e ci ha preceduto però, che è possibile sviluppare altre forme, visioni e interpretazioni del proprio immaginario di riferimento. Fare i conti con le rappresentazioni che si ritengono essere più vicine e adese alla sensibilità, soprattutto artistica, significa piantare le fondamenta per la strutturazione di un percorso (si spera) non privo di significazione.
Pengfei, classe 1982, proviene da una famiglia di artisti dell'Opera di Pechino. Sotto l'influenza dei genitori matura una forte passione per l'arte. Si trasferisce a Parigi, dove studia cinema presso l'Institute International de l'Image et du Son, laureandosi in regia. Dopo sette anni di immersione nella cultura europea, che ne trasforma la personalità e il punto di vista, torna in Cina.
Underground Fragrance, presentato in concorso alle Giornate degli autori della 72esima edizione del Festival di Venezia, segna l’esordio nella regia di un lungometraggio, dopo aver realizzato tre cortometraggi (Entre mon rêve et la réalité nel 2005, Et si tout pouvais recommencer nel 2006 e Le luxe: Portraits d'Humains nel 2007) e soprattuto la seguente e significativa esperienza come aiuto regista di Tsai Ming Liang in Face nel 2009, The Diary of a Young Boy e nel corto Walker nel 2012. Non è difficile dunque immaginare l’intensità che il rapporto con uno dei massimi maestri della costruzione cinematografica contemporanea, con la delicatezza e l’impeto del sentimenti e al contempo la raffinatezza e la purezza delle immagini che gli sono proprie, abbia soverchiato e inciso sul giovane allievo un rispetto e una gratitudine e un riconoscimento che lo hanno spinto alla scrittura di questo breve lungometraggio.
Tre solitudini si intrecciano nella quotidianità della Pechino dei nostri giorni: Yong Le, un giovane lavoratore migrante, di giorno, recupera mobili che poi rivende.; un incidente però, lo rende temporaneamente cieco. Per orientarsi, quando fa ritorno nel sotterraneo dove alloggia, si aiuta con una corda. Poi incontra una ragazza, Xiao Yun, anche lei migrante e le cose cambiano. La relazione con Yong Le, spinge la ragazza a cercare un lavoro più rispettabile della ballerina di pole dance. In superficie, Lao Jin cerca di raggiungere un accordo decente con le autorità che vogliono demolirgli la casa. E fa affidamento su Yong Le per vendere i suoi mobili a un buon prezzo. Queste tre vite, spinte dal "sogno cinese", si intrecciano nel vasto melting pot della metropoli orientale.
Il titolo indubitabilmente suggestivo lascia trasparire la sensazione evanescente del racconto poetico di un desiderio eternamente insoddisfatto e incompiuto. Un omaggio emozionato e doveroso a un maestro - e con ogni probabilità anche un padre - che ha marcato l’immaginario di una generazione cresciuta nel solco di quel disperante cambiamento nella cultura orientale e cinese, dentro quel vuoto profondissimo fatto di solitudine incessante e ininterrotta dentro la quale l’uomo continua a lottare con la fantasia e il sogno. Se pertanto il debito con Ming Liang è più che evidente, dichiarato, Pengfei cerca di raccontare l’isolamento e l’affettività umana dal punto di vista che conosce meglio, quello dell’immigrato: “Io stesso sono stato un "nomade" a Parigi, e la mia famiglia, attualmente, sta soffrendo a causa dei guasti provocati dai progetti di delocalizzazione”.
Underground Fragrance coniuga la rappresentazione di un nuovo e ossessivo mondo e delle sue drastiche contraddizioni con l’accennata e discordante purezza impulsiva dei reietti, dei poveri, di coloro costretti a vivere in una città sotterranea - o letteralmente nei bassifondi - per non essere spazzati via come gli edifici che si vuole sostituire per fare spazio al fervente consumismo. L’oscuramenti della vista, l’assenza di contatto fisico, la muffa, le pareti sventrate, l’acqua che dilaga, stagna, si insinua, scorre e monda l’inutile esistenza, sono quegli elementi che demarcano la separazione incolmabile tra gli esseri umani, il loro essere invisibili gli uni rispetto agli altri.
Impossibile e ridicolo pensare di raggiungere l’ampiezza di respiro di Tsai Ming Liang, questo Pengfei sembra averlo capito, ma partire da quanto ci ha lasciato è il modo più appropriato per ricordare l’occorrenza del suo cinema.

Alessandro Tognolo - novembre 2015 - pubblicato su MCmagazine 38