Viol@ di Donatella Maiorca - Italia 1998 - 1h 30'
Speak Like a Child di John Akomfrah - Gran Bretagna 1998 - 1h 27'
Side Streets di Tony Gerber - USA 1998 - 2h 8'

  

La battaglia incrociata tra Prospettive e Settimana della Critica sembra per ora risolversi a vantaggio della seconda. Un programma più compatto (un film al giorno contro tre) e, di conseguenza, una vetrina più selezionata e coerente. Con film magari spiazzanti od ostici (Mullan e Bashirov), ma senza le cadute di tono (e di gusto) di un film come Viol@, di Donatella Maiorca. L'approccio alle nuove tecnologie, la comunicazione via internet, le chat-line sono un pretesto per un soft-porno neanche tanto soft: Stefania Rocca entra in contatto con un sconosciuto partner che carica di erotismo i loro colloqui al computer, la guida ad esperienze di sesso in linea (con una scena di masturbazione, nella vasca da bagno, decisamente calda), le invia una provetta contenente sperma, la spinge tra le braccia dell'operaio che le sta ristrutturando casa. Lei dapprima sta al gioco poi sente la propria privacy a rischio perché l'amante di chat-line ha scoperto la sua identità e l'assilla tra sensualità e gelosia. Se già l'editing cinematografico, tra credibilità informatica e ammiccamenti sexy, lasciava perplessi, lo sviluppo finale di Viola è squallidamente convenzionale, inattendibile nella costruzione narrativa, scorretto nella caratterizzazione (vocale) del misterioso interlocutore. Dopo le delusioni di Archibugi, D'Alatri e Luchetti, qui con il cinema italiano abbiamo davvero toccato il fondo.
Per riemergere si può far conto, al solito, sui giovani autori di lingua anglosassone. John Akomfrah (Speak Like a Child) si affida al costrutto nostalgico del flash-back per descrivere l'amicizia e l'amore di Sammy, Billy e Ruby che, ormai adulti, si ritrovano nei luoghi della loro adolescenza. L'orfanotrofio sulla costa della Northumbria ormai in abbandono, ma i ricordi di una giovinezza sofferta e cruenta non lasciano i tre protagonisti, stretti in un triangolo di sentimenti (e di passate responsabilità) che solo drammaticamente può essere risolto.
All'incisività talvolta brutale di Akomfrah si contrappone il tono da commedia di Tony Gerber che con Side Streets offre cinque sguardi incrociati su una New York che vive e si anima dell'energia dei suoi abitanti, di un melting-pot variegato ("con un gettone della metropolitana puoi viaggiare il mondo, passare da un continente all'altro"), in continua fibrillazione esistenziale e sociale. E' il giorno più caldo dell'estate e il tassista indiano Bipin traghetta attraverso la città Sylvie, delusa aspirante stilista. A casa Bipin deve gestire la tensione familiare conseguente all'arrivo del fratello Vikram, ex divo cinematografico che poltrisce aspettando un improbabile contatto con Al Pacino. Per Errol, un nero delle Indie occidentali, il problema invece è costituito dalla moglie Brenda che gli ha sequestrato le chiavi della sua scintillante Cadillac, prima ancora che egli abbia potuto provarla. Anche per Josif, rumeno, i rapporti con la moglie non sono facili: la loro situazione economica è precaria, lui continua a perdere soldi con le scommesse mentre l'impiego da macellaio non gli offre grandi prospettive. E le stesse ambasce accompagnano il suo compagno di lavoro Ramon, che si finge un manager arrivato per conquistare la bella portoricana Marison e che non ha neppure i soldi per comperarle un vestito per il concorso di bellezza. L'idea di Gerber non è solo quella di raccontare cinque simpatiche storie, ma di costruire un mini-affresco di personalità, situazioni, realtà umane: "I miei personaggi sono scatole chiuse e isolate, sia per motivi sociali che etnici. Quando entrano in contatto per l'amore le fa aprire e mettere in relazione tra loro. Così come Manhattan, Staten Island, Brooklyn, Queens e il Bronx sono cinque città distinte che formano una sola città". Trentaquattrenne, alla sua opera prima, il regista newyorkese tratta con grande cura l'evolversi dei singoli racconti, li lega con spontaneità e leggerezza (Sylvie confezione l'abito per Marisol, anche Ramon passa per il taxi di Bipin; Errol, Brenda e Sylvie si incrociano alla stessa festa) ed accurato è anche il lavoro del casting: facce e personalità giuste, a cominciare dalla nostra Valeria Golino che Gerber ha fortemente voluto per il ruolo di Sylvie. "Cercavo un'attrice che desse la giusta fisionomia al personaggio di un'europea upper-class. Valeria mi è sembrata giusta per la parte, è un'attrice straordinaria".

e.l. Il Mattino di Padova 8/9/1998