La vita è bella
Roberto Benigni - Italia 1997 - 2h 3'

miglior film straniero
miglior attore protagonista (ROBERTO BENIGNI)
miglior colonna sonora di film drammatico (NICOLA PIOVANI)

 

     Non siamo mai stati grandi estimatori di Roberto Benigni. Sbiadito il ricordo di Berlinguer ti voglio bene (1977), apprezzato Non ci resta che piangere principalmente per la coabitazione autoriale di Massimo Troisi, da Il piccolo diavolo a Il mostro (passando per Johnny Stecchino) la comicità del Roberto nazionale ci è sempre sembrata un po' smargiassa, talvolta sguaiata, cinematograficamente mediocre. Ora, di fronte a La vita è bella, c'è l'impressione che la gaglioffaggine ridanciana sia infine rientrata e che la voglia di comunicare col pubblico si sia concretizzata in un'espressività sobria e narrativamente compiuta, anche se, a livello di linguaggio filmico, ancora debole.
La pellicola è strutturata, con evidente dicotomia, in due "tempi". Il primo è più affine al Benigni vecchio stampo, con gag sopra le righe, affidate alla comicità gestuale delle situazioni ed alla verve dirompente dell'attore toscano. La vicenda lo vede, nei panni di Guido, approdare in città dalla campagna, con l'intenzione di aprire una libreria. Si adatta intanto a fare il cameriere in un grande albergo, concentrando il tempo libero su una giovane maestra (Nicoletta Braschi) che scoprirà promessa sposa ad un odioso burocrate fascista. Ma poiché la cerimonia di fidanzamento è organizzata proprio nell'hotel di Guido, sarà per lui l'occasione per dichiararle il suo amore e per portarla via con sé, sotto gli occhi esterrefatti dei convitati, in sella ad un cavallo "ebreo", che qualcuno, per spregio, ha dipinto di verde...
Nel secondo tempo l'intrusione delle tensioni antisemitiche dell'Italia anni '40 riconfigura l'atmosfera del racconto e conduce la vicenda ad un sorridente epilogo, tra la tragedia e la fiaba. Il sereno vivere di Guido (che nel frattempo ha ottenuto la sua libreria, sposato Dora ed è felice padre di un ragazzino, Giosuè, di una decina d'anni) è infatti minato dall'incombere dell'olocausto. I tre vengono deportati in un campo di concentramento, ma in quel luogo senza speranza, segnato dal degrado fisico e psicologico, Guido-Benigni dà il meglio di sé ed inventa un grottesco "gioco a premi" per tener lontano dal piccolo Giosuè lo spettro della disperazione e della morte. Un'idea di delicata poesia umanitaria e di grande efficacia comunicativa. Non c'è amarezza in La vita è bella, c'è la beata (in)coscienza che il sorriso della fantasia può esorcizzare anche il dramma.
Corredato da una serie di sottili battute che scherzano, con garbato sarcasmo, sulle vergogne e le atrocità dell'olocausto, il film di Benigni è un vero, amabile regalo di Natale, certo ingenuo e lezioso (l'atmosfera scenografica "felliniana" è ridondante, il ritmo e le scelte stilistiche lasciano talvolta a desiderare) ma forse esplicitamente dedicato ad un pubblico con spirito semplice e disponibile. Come si diceva un tempo, un classico film per famiglie.

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  1 gennaio 1998