Un mercoledì di maggio (Wednesday May 9)
Vahid Jalilvand - Iran 2015 - 1h 42'

premio FIPRESCI opera prima
VENEZIA 72 - Orizzonti

    È un annuncio inconsueto pubblicato su un quotidiano di Teheran l'evento su cui è costruito Wednesday May 9, film iraniano del regista Vahid Jalilvand presentato a Venezia nella sezione Orizzonti. Un annuncio che promette una cospicua somma di denaro a chi dimostrerà di averne più bisogno, basterà presentarsi la mattina di mercoledì 9 maggio presso l'indirizzo indicato.
Ed è quello che fa Leila, una donna che lavora in fabbrica, con una figlia piccola e un marito infermo, a cui servirebbe una costosa operazione per migliorare le sue condizioni. La donna, tuttavia, giunta sul posto, si trova davanti a una moltitudine di bisognosi e alle forze dell'ordine intente a disperderli, e non riesce a raggiungere l'inserzionista. Avendo però riconosciuto in lui Jalal, un uomo con cui era stata fidanzata molti anni addietro, non si dà per vinta e la sera stessa torna ad attenderlo per esporgli il suo caso.
Chiuso quello che potremmo definire il "capitolo Leila", il film fa un balzo indietro di qualche giorno, per seguire le vicende di Setareh, una ragazza che si è sposata di nascosto, contro il volere della sua famiglia. Cacciata di casa, incinta e col marito accusato di aggressione, ha bisogno di soldi per farlo uscire dal carcere. Ed eccoci quindi a rivivere la stessa giornata da un altro punto di vista, perché Setareh, come un centinaio di altre persone, non si arrende davanti alle minacce della polizia e attende paziente il suo turno per narrare la sua storia.
Infine, con un ultimo stacco, veniamo riportati alla mattina stessa per affiancare Jalal, un uomo distrutto dalla perdita del figlio bambino, che poteva, a suo dire, essere evitata se soltanto qualcuno fosse stato disposto a venire in suo aiuto. Ed ora, forse per voler dimostrare al mondo intero che lui è migliore di chi gli ha chiuso la porta in faccia, forse solo perché comprende che cosa voglia dire aver bisogno di aiuto e non ottenerlo, decide di devolvere tutto il denaro ricavato dalla vendita della sua auto al prossimo. Ma quello che doveva essere un semplice atto di carità si trasforma in una complessissima operazione per selezionare il bisognoso più "meritevole" tra una moltitudine di candidati le cui storie sono tutte parimenti drammatiche. Quale criterio adottare per la scelta? Solo la mattina del giorno successivo, quando le storie di Jalal, Leila e Setareh torneranno a convergere, verrà svelata la decisione presa.
Jalilvand, nel raccontarci la storia di un uomo consumato dalla disperazione e delle due donne che incrociano la sua strada, sceglie di soffermarsi maggiormente su queste ultime e dipinge un ritratto di donne tenaci, che non si arrendono, decise ad affrontare e a risolvere i problemi piuttosto che aspettare che il destino faccia il suo corso. Sono l'unica possibilità di salvezza per i loro mariti, eppure ad essi devono sottostare: alle loro decisioni discutibili, alle loro gelosie infondate, persino alle insinuazioni più o meno velate su cosa abbiano dovuto concedere in cambio del denaro promesso. Un'ulteriore testimonianza della condizione difficile della donna in Iran, quindi, alla quale viene richiesto di essere il sostegno della famiglia negandole però il mezzo per riuscirvi: la propria autonomia.
Ma non è soltanto questo. Jalilvand ci mostra anche una società in cui i problemi dei cittadini non vengono presi in carico dallo Stato (che anzi sembra disinteressarsene), ma la cui risoluzione è delegata al buon cuore del singolo, sia esso un benefattore improvvisato, come Jalal, o un ufficiale di polizia che, contro le regole, decide di fermare il pestaggio di persone colpevoli solo di aver bisogno d'aiuto.
Wednesday May 9 è un'opera interessante, a tratti coinvolgente, che può contare su una storia originale, dialoghi ben scritti e attori capaci, tra i quali spiccano le due protagoniste femminili: Niki Karimi, star del cinema iraniano che veste i panni di Leila, e Sarah Ahmadpour, per la prima volta sul grande schermo, nel ruolo di Setareh. Il film cede, in parte, nella scelta di una struttura a episodi: seguire tre linee narrative diverse, lasciando per ultima quella che dà un senso alle altre due, se da un lato può fornire ritmo alla storia creando aspettative sul finale, dall'altro rischia di lasciare lo spettatore disorientato, costretto a ricucire mentalmente tempi ed eventi per non perdere il filo del racconto. Non è un'impresa facile dimostrarsi all'altezza dei registi iraniani già conosciuti e premiati a livello internazionale come, per citare solo i due più recenti, Jafar Panahi (Orso d'Oro 2015 con Taxi Teheran) e Asghar Farhadi (Orso d'oro e Oscar 2012 con Una separazione). Ma Jalilvand, a giudicare da questa sua opera prima, è sulla buona strada per riuscirci.

Marta Ciardella - ottobre 2015 - pubblicato su MCmagazine 38