FANTATEOLOGIA A 35 mm

Com'è affascinante il rito fantamistico! Quando il grande lampadario galattico di Douglas Trumball lievita alfine sulla pista tra le rocce del Picco del Diavolo, le pupille di Richard Dreyfuss e Melinda Dillon si placano nella massima dilatazione percettiva, le dita ispirate di Truffaut strimpellano la melodia suggestiva dell'esperanto sonoro e noi, platea ipercritica ma pur sempre cinepartecipe, assistiamo "azzurrati" all'apparizione del "profeta", omino un po' rachitico e un po' incorporeo: l'abbraccio cosmico tra l'esile figura biancastra e le scettiche menti terrestri si è compiuto, con tanto di gesti mitici e sguardi beatificanti "d'amore e di pace''.
Così mentre attendiamo l'uscita della nuova versione di Incontri ravvicinati del terzo tipo (Spielberg ci farà addirittura entrare nel "corpo" dell'astronavel) rimuginiamo le enfatiche parole di Ray Bradbury, vate della letteratura fantascientifica, che definì la pellicola «il film più importante dei nostri tempi... un film religioso di cui abbiamo bisogno per sentirci "uniti all'universo", al cosmo». E allora ci sembra di vedere, con chiarezza cruciale, un profondo legame (ora inconsciamente ispirante, ora crudo e speculativo) tra la fantascienza fine anni 70 e la profondità della tematica religiosa. In primo luogo c'è un logico contagio disaffettivo di fronte alla finestra "misteriosa" dell'esistenza: se "irreale, impossibile, magico, misterioso, trascendente" erano termini impalpabili dell'universo intellettuale dell'uomo storico, illuminista o romantico, mistico o raziocinante, nel XX secolo l'arte figurativa di massa ha dato forma al non-corporeo, ha razionalizzato nei contorni della creatività immaginifica l'impercettibilità del non visibile, dell' "altro da noi". Tutto il meccanismo d'immagine del cinema ha avuto un suo ruolo fondamentale in questo processo, affiancato dalla bizzarra inventiva del fumetto, ed ora il filone fantascientifico ha sublimato il procedimento, spazzando via senza indugi la sudditanza a qualsiasi "forma" misteriosa, suggellando la mentalità modernista materialistico-razionale che rigetta ogni trascendenza, interiore e non, in forza di un'omniscienza a 35 mm. che tutto conosce e che tutto sa raffigurare: ciò che non si può rappresentare con l'artificio cinematografico (che sia la divinità, l'inconscio, il magico poco importa) non esiste; il cinema è il tutto, il reale e l'immaginario: non c'è posto per un "altro" non filmico, per un essenza non filmabile. Superato in tal modo l'inghippo trascendente, estrapolata la propria potenza totalizzante, il cinema scopre la fantateologia, fa suo ogni rimasuglio di ansietà irrazionale, si autocompleta plasmando "'a propria immagine e somiglianza'' anche la mentalità ed i modi canonici del senso religioso cristiano, permettendosi finezze ed ironie.
E l'UFO-messia della serafica tensione cosmica di Close Encounters non è che la parabola più alta, più rispettosa ed intimamente sensibile poiché il "gioco" era già iniziato nel "giocattolo" di Lucas
Guerre Stellari, film clou, sotto una miriade di aspetti, di un'era mentale cinematografica: «che la forza sia con voi» era lo slogan pubblicitario ed Obi-Wan Kenobi, che soccombe contento per poter essere ancor più vicino a Luke, in " spirito'' che dà saggezza e coraggio, ha un suo inconfondibile pentecostale. E le "citazioni" continuano nel trailer di Superman dove la voce fuori commenta: «e Jor-El nella sua saggezza decise di inviare sulla Terra il suo unico figlio»... fortuna che Clark Kent faceva il giornalista e non il falegname!
L' "alienazione" religiosa rientra dalla porta di servizio pure in
Star Trek, facendo scoprire ai mostri-sacri del serial televisivo che "il Creatore astrale Vger" non è che la sbiadita contrazione di ''Voyager'', satellite terrestre lanciato nello spazio anni prima: avvenimento emblematico di una presa di coscienza della verità secondo cui «la divinità è creata dall'uomo stesso per se stesso».
Soltanto Ridley Scott
film successivo in archivio, memore della feconda cultura conradiana, sa soppesare in Alien quiz40 scienza e coscienza, limitando la "recherche" del Nostromus al mercantilismo avveniristico, scoprendo "il male'' nella superficialità del curiosare e dandogli consistenza e potere nell'insinuarsi tra i meandri della tecnologia (i cunicoli dell'astronave), previa maturazione e truculento "parto" proprio all'interno dell'individuo umano stesso.
Ma di nuovo in
The Black Hole la scienza sovrumana del dottor Reinhart, la perfezione architettonica della Cygnus non sono più alla caccia di nuovi mondi o nuove teorie, ma si vuole arrivare al mistero di Dio, "buco nero" dell'essere raziocinante, concretizzato in una regione inesplorata ed inesplorabile in cui, involontariamente ma inesorabilmente, i protagonisti "buoni" (magnanimità Disneyanal) andranno a catapultarsi: la luminescenza vertiginosa dell'ultima sequenza è un po' vacua, più figurativa che contenutistica nella sua flebile validità, ma pur sempre "posseduta" dall'intelletto e dalla macchina da presa. La filosofia risolutiva delle tecniche futuristiche della scienza è già dominio assolutizzante delle " pratiche'' filmiche delle grandi sette cinematografiche: «al di là del filmabile, il nulla...».

ezio leoni  Rivista del Cinematografo - aprile 1981