da: SPECCHI INFRANTI,
riflessi del male nel noir americano
degli anni quaranta

Genere o non-genere?  Dalla carta alla pellicola  

Il  Noir o romanzo nero1 (noir fiction in inglese, Roman noir o polar in francese) è, in letteratura, un sottogenere del giallo, apparso negli Stati Uniti intorno alla seconda guerra mondiale per opera di scrittori come Cornell Woolrich (La sposa era in nero2), James M. Cain (La morte paga doppio3), Raymond Chandler (ideatore del personaggio di Philip Marlowe), Jonathan Latimer, Dorothy Belle Hughes. Ma lo scritto capostipite del genere hard boiled4 è senza dubbio la novella The Red Harvest di Dashiell Hammett del 1929.

Questo sottogenere si differenzia dal giallo perché lo scopo del racconto non è solamente risolvere un crimine. A fine romanzo il lettore è portato a riflettere sulla società e ad analizzare il mondo che lo circonda con uno sguardo più disincantato; la soluzione del crimine passa in secondo piano ed emerge un lato più profondo ed oscuro della narrativa noir, così definita appunto per la tendenza a far affiorare gli aspetti “in ombra” della società occidentale degli anni della grande Depressione.

“Hammett ha restituito il delitto alla gente che lo commette per un motivo, e non semplicemente per fornire un cadavere ai lettori”5 scrive Chandler e questo fa capire quanto la personalità dei protagonisti sia elemento strutturalmente essenziale della letteratura noir; i personaggi non sono semplici sagome, ma persone facenti parte di un mondo ”altro”, verosimile a quello reale.

Il film noir nasce come particolare espressione del cinema americano degli anni '40. Darne una definizione non è cosa facile, bisogna tener presente che il Noir non poggia sulle convenzioni di un genere ben preciso (ad esempio, il gangster), bensì su caratteristiche più ricercate, come l'impostazione e la maniera di costruire scene e sequenze. Gli autori, per esprimere visivamente i confitti interiori dell’uomo, elaborano un proprio  linguaggio, affidandosi a soluzioni innovative quali:
l’inusuale complessità narrativa
la “voice over”
il flashback
l’illuminazione a bassa intensità
le riprese notturne
il montaggio serrato
la profondità di campo
inoltre la macchina da presa è spesso posta in posizione diagonale per accentuare il punto di vista emotivo del protagonista, costretto in ambienti claustrofobici, in una dimensione al confine tra realtà e incubo, densa di riferimenti alla psicoanalisi.

Occorrono pertanto diversi e molteplici elementi affinché il Noir possa definirsi tale. Tra questi:
la violenza, l'inquietudine e l'insicurezza, ma anche la paura, il terrore del passato, il destino compiuto o la fatalità del caso.
E ancora sono:
l’alienazione, l’angoscia esistenziale, il dolore mentale più che fisico, la “morte che ti porti dentro” a costituire quella che è stata definita la “noirceur”, un’atmosfera di pessimismo e mancanza di speranza che avvolge tutti gli antieroi delle storie “nere”: le dark lady, i detective, i poliziotti, i gangster e i serial killer.
Per i protagonisti non c'è scampo o riparo dalla morte. Sono uomini e donne che hanno visto il male troppo da vicino e che rivolgono oramai uno sguardo disincantato verso il vivere comune, fino al momento in cui sono chiamati ad affrontare il loro destino, quasi sempre tragico.
Lo sfondo è continuativamente quello della metropoli uggiosa e incanaglita, passionale e disperata; una giungla difficile da attraversare, perché piena d'insidie e pericoli in ogni suo angolo.

Influenzati dall’espressionismo tedesco, dalla letteratura hard-boiled americana e dalla generale disillusione postbellica, i registi (e gli sceneggiatori) noir del periodo classico danno vita a un mondo alla deriva, specchio del tramonto dell’american way of life, nel difficile momento a cavallo della seconda guerra mondiale.

Vanity Noir: riflessi interiori  

  Ma cos’è che rende noir un noir? É la rappresentazione del lato oscuro dell’esistenza, della natura umana, delle istituzioni e dei miti della società americana e per far emergere questo lato oscuro il noir si serve di un catalizzatore: il crimine. Nel noir il crimine è la forma estrema, dolorosamente visibile e tangibile, di un malessere in atto o latente. Ciò che di più subdolo e inconfessabile sia parte della natura umana, viene così immortalato in fotogrammi su una pellicola e proiettato, ingigantito, su grande schermo. A rendere ancora più forte l’impatto sono certamente   il bianco e nero delle immagini e il sapiente uso della macchina da presa.

Il Male gioca con la sua stessa immagine: impregna il Mondo che sta combattendo una guerra, si insinua negli uomini, si riflette nei loro comportamenti e vanitoso si fa riprendere dalle cineprese dei registi frammentato in mille e più sfaccettature e ricomposto come un mosaico di tessere eterogenee ( i film), tutte accomunate dallo stesso genere noir.
E
il narcisismo del lato oscuro continua all’interno dei film, nei quali superfici riflettenti, specchi, ritratti, schermi e fotografie vengono utilizzati per esprimere anche dal punto di vista visivo i temi del doppio, dell’ambiguità, dell’inganno, della lotta tra bene e male, dell’inconscio, del torbido. Infatti questi strumenti apparentemente utili solo a riflettere il visibile, l’esteriorità, acquistano poteri ben più grandi e si fanno rivelatori di verità nascoste, misteriose, intriganti ma soprattutto scomode della natura umana...

 

 
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In Italia il primo ad intuire le potenzialità di questo nuovo stile di scrittura veristico, molto sobrio e preciso è il veronese Danilo Lebrecht (in arte Lorenzo Montano) che in una lettera all’editore Mondadori sottolinea la qualità delle opere di George Simenon e di come queste non potessero far parte della collana di gialli, ma meritassero una sistemazione autonoma in una collana a parte. Così nel 1932 uscì anche in Italia la collana Libri neri che raccoglieva dodici romanzi noir

 2 Tit. originale del romanzo The Bride Wore Black, dal quale F. Truffeau trasse il film La mariée était en noir (La sposa in nero), 1968

  3 Tit. originale del romanzo Double indemnity, dal quale B. Wilder nel 1944 trasse un film omonimo, in italiano La fiamma del peccato

  4 Il genere hard boiled, solitamente associato alla letteratura gialla, si distingue per una rappresentazione per nulla sentimentale del crimine, della violenza e del sesso. Il termine hard boiled nasce da un'espressione colloquiale. Per un uovo, essere "hard boiled" equivale ad essere sodo, duro. Il classico detective hard boiled non si limita a risolvere i casi, come fanno le loro controparti più tradizionali, ma affronta il pericolo e rimane coinvolto in scontri violenti. Il caratteristico detective hard boiled ha, infatti, un atteggiamento da "duro"

  5 In un saggio dal titolo “La semplice arte del delitto” apparso sulla rivista The atletic monthly nel 1944

 

Tesi di laurea di Isabella Ongaro – anno accademico 2007-2008


il noir