VENEZIA '95

Il domani non è dietro le nuvole

Di chi è (per chi è) il cinema di questi anni '90? Fuori dalle polemiche (o almeno dalle contrarietà) sul verdetto della giuria, la domanda tocca l'essenza dell'impostazione culturale della Mostra da qui in avanti. Per anni l'anima dell'"arte cinematografica" - non dimentichiamo che questo termine compare nella dicitura ufficiale della Biennale Cinema - è stata quella della generazione del neorealismo, critici ed esperti legati alla svolta culturale di quel periodo ed alle "rivelazioni" più eclatanti (nouvelle vague francese, free cinema inglese...). Pensate agli ultimi direttori del Festival: Lizzani, Rondi, Biraghi, Pontecorvo. Questa tendenza crediamo sia arrivata oggi ad un punto di rottura che può essere evidenziato dagli atteggiamenti di pubblico e massmedia verso alcuni film-cardine presenti in questi giorni. Prendiamo l'Antonioni di Al di là delle nuvole (fuori-concorso, ma in "Mostra") e Strange Days di Kathryn Bigelow (relegata in Notti veneziane, per motivi non del tutto chiari). Ne avrete sentito parlare, sui quotidiani, in televisione.
Al di là delle nuvole  è un'opera (ovviamente senile) di un "cinema della modernità" ormai classico", un cinema rarefatto e intellettuale, armonioso nella scorrevolezza del taglio visivo, nella morbidezza della fotografia, dell'inquadratura. Una cinema che è letteratura filmata, dove i personaggi si autodescrivono con la lentezza del loro incedere, con la ricercatezza delle loro battute (ma la banalità fa spesso capolino: anche lo sceneggiatore Tonino Guerra sente il peso degli anni), con il voyeurismo estetizzante della sessualità, con la tensione sentimentale di un'incomunicabilità di vecchia data. Strange Days è adrenalina pura: una scansione ritmica supersonica, una colonna sonora rockettara e assordante, una tematica che stritola in una morsa di iperviolenza il meccanismo di genere (thriller), l'esplosione sociale dei contrasti razziali, il pericolo estraniante della realtà virtuale, il caos esistenziale di fine millennio.
E allora, di rimando, domandiamoci: qual è la chiave di volta del cinema di fine millennio? Non si può chiudere gli occhi (e le orecchie) aggrappandoci alla piacevole consuetudine di un cinema d'autore "soft" che manda flebili e pregnanti segnali di riflessione (culturale, esistenziale, etc.), con un rifiuto aprioristico, senza scavare sotto la corteccia "fastidiosa" dell'esaltazione visuale di certo cinema. L'arte cinematografica è ormai spettacolo a tutto tondo e se è facile rintracciarne talvolta la diseducatività epidermica, è doveroso individuarne anche la comunicazione adulta di una realtà che cresce con l'oggetto cinema e di cui non è necessariamente "causa", ma significativo "effetto". La società che ci vive intorno è fatta non solo dei rassicuranti percorsi introspettivi di Antonioni (e, per fortuna, di una scuola cinematografica "sublime" ancora sulla breccia, Rohmer in testa), ma anche di contraddizioni morali e massmediali che sono talmente sconcertanti che anche l'occhio della cinepresa spesso non sa come farsene testimone. Una società, quella di oggi, spesso allucinata, frenetica, in fuga dalla realtà, proprio come l'universo filmico di Kathryn Bigelow.

La cultura d'élite e i "signori della Biennale" devono buttarsi nella mischia della new wave cinematografica senza snobismo, senza paura di sporcare il concorso con l'eclettismo immaginifico di film come Strange Days (l'hanno scorso, per Natural Born Killers, la firma di Stone li aveva garantiti). Non ci sentiamo certo di consigliarne la visione a tutti, ma se vogliamo confrontarci con il nuovo cinema della modernità - ed abbiamo stomaco (maturità) ed orecchie adatti - non perdiamo l'occasione per riflettere sul messaggio che i giovani autori americani ci urlano dallo schermo. L'iper-realtà del virtuale potrà essere la vera droga del duemila come dice la Bigelow? In Strange Days c'è una frase significativa: "Qual è la differenza dal cinema? Al cinema c'è la musica, i titoli di coda e... sai che è finito".

e.l. La Difesa del Popolo 10 settembre 95

 

Al di là delle nuvole Michelangelo Antonioni (e Wim Wenders) - Italia 1995 - 1h 53'
Strange Days  Kathryn Bigelow - USA 1995 - 2h 19'

  


LEONE D'ORO

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