L’odio

Nelle banlieue parigine è appena trascorsa una notte di scontri con la polizia, in cui un ragazzo di sedici anni è stato ferito e si trova ora in pericolo di vita. Tre giovani – Vinz (Vincent Cassel), Hubert (Hubert Koundé) e Saïd (Saïd Taghmaoui) – si aggirano per il quartiere fomentati dall’odio e decisi a sfogare la propria rabbia. La macchina da presa in continuo movimento sa di ritrarre con un tono semi documentaristico una società spezzata e in caduta libera. Il bianco e nero rende lo sguardo di Kassovitz asciutto e anti-naturalista: la violenza non è la chiave interpretativa del film ma solo un mezzo espressivo.


La Haine
Francia 1995 (95′)
CANNES 48° – miglior regia

  Il secondo lungometraggio di Mathieu Kassovitz è un piccolo gioiello capace di ritagliarsi a pieno diritto un posto tra i film europei di culto degli anni Novanta. La regia, secca, che alterna repentini movimenti di macchina all’uso di sinuosi piani-sequenza è impreziosita da una livida fotografia in bianco e nero aliena da ogni compiacimento manierista e capace di rifarsi a un tono semi documentaristico. Tale realismo da reportage non rimane comunque privo di un certo elemento anti-naturalista (che ricorda quella di alcuni video clip musicali), garantendo la percezione di un’estetica netta e distaccata. E i tre protagonisti, guidati da un senso di insoddisfazione, incarnano un preciso disagio giovanile, esaltato sia dall’atmosfera grezza, sia dalla formidabile interpretazione del trio di interpreti (nella versione originale i dialoghi sono in verlan, un linguaggio gergale francese). Il regista offre il ritratto di una società spezzata e in caduta libera, ma lo fa senza condannare o assolvere nessuno: lungi dall’esprimere qualsiasi giudizio (soprattutto morale), Kassovitz traccia le coordinate di uno spaccato di vita delle banlieue, in cui la violenza non è la chiave interpretativa del film ma solo un mezzo espressivo..

longtake

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