Neve nera

Martin Hodara

Da quando è stato accusato di aver ucciso suo fratello, Salvator vive isolato in Patagonia. Alcuni decenni dopo l’accaduto l’altro fratello Marcos e la cognata Laura cercano di convincerlo a vendere le terre che condividono con lui per eredità. Questo incontro in mezzo al nulla riaccenderà la rivalità, e i ruoli di vittima e carnefice dell’omicidio saranno di nuovo confusi. Neve nera procede per flashback (più esistenziali che narrativi) creando un’atmosfera più vicina al dramma psicologico che al thriller dove gli ambienti e la natura, silenti e ostili, diventano metafora delle situazione familiare. Un film di grande potenza visiva, di parole non dette e rapporti interrotti, di aspra inconciliabilità tra passato e presente.

v.m. 14 anni

 

  

Nieve Negra
Argentina/Spagna 2017 – 1h 30’

Dopo l’improvvisa morte del padre, Marcos torna nel remoto paesino della Patagonia dove vivono la sorella Sabrina e il fratello Salvador, granitico e taciturno. Accusato di aver ucciso il fratellino quando erano ancora ragazzi, Salvador non vuole assolutamente saperne di vendere il terreno ereditato dai tre a una grossa impresa petrolifera, nonostante l’ingente somma di denaro offerta. Sabrina è ricoverata ormai da anni in un istituto psichiatrico, e a niente servono le pressioni di Marcos e la moglie Laura: il terreno di caccia di famiglia non è in vendita. La rivalità da tempo sopita si riaccenderà con forza. Marcos e Laura dovranno fare i conti con l’isolamento, il clima impervio e il ricordo del piccolo Juan, sepolto poco lontano ma mai veramente scomparso.
Con flashback e rivelazioni tecnicamente impeccabili, Hodara confeziona un thriller contorto e perturbante che tenta di far luce sul passato torbido dei protagonisti, sottolineando l’ambiguità della struttura psichica dell’uomo al fronte di una tragica “fatalità”. I silenzi e gli sguardi svelano il fardello di una famiglia sgretolata. Vittime e carnefici si confondono in una costruzione dei personaggi tesa a sottolineare quanto nessuno sia immune agli istinti più oscuri. La dicotomia tra bene e male si materializza negli schizzi di una mente che confonde il passato col presente: Laura ne percepisce il respiro affannato dietro la canna di un fucile, Marcos nello scricchiolio del legno reiterato come una frusta che si abbatte sulla carne viva. (…)

 

La natura brutale come l’umanità che la popola, si contrappone agli interni angusti e claustrofobici senza nascondere la matrice autoriale dietro l’espressionismo dei campi lunghissimi, o i richiami al più celebre dei Kubrick dell’hotel Overlook.
Al racconto tormentato della presa di coscienza di Sabrina e Salvador, si contrappone Marcus, uomo probo e onesto, che rifugge il processo di espiazione del delitto, e anzi, reitera la dinamica omertosa fino a proiettarla nel futuro, al fianco della giovane moglie e del bambino che porta in grembo(…) Sarà Laura, l’unica estranea, la chiave di volta per la sola vera e potente visione del mondo che si distacca dal tarlo famigliare della colpa, delle colpe….

Olivia Fanfani – mymovies.it

Un film di potenza visiva innegabile: tempeste di neve e panoramiche aeree danno al film uno spessore filmico sotto il profilo soprattutto estetico e, non da meno, significante. L’approccio registico nei confronti dei personaggi, spesso silenziosi e dagli sguardi ferini, è in continuo levare.Un film di parole non dette e rapporti interrotti, quasi silenziati. La psicologia dei personaggi è come schiacciata e azzerata dai luoghi (quasi a essere unici testimoni di qualcosa che è accaduto) in cui si svolge la vicenda così come, altrettanto, lo sono i legami e gli affetti familiari.

 

Neve nera non brilla forse per originalità narrativa ma ancora una volta, però, va sottolineata l’abilità di Hodara nella creazione di un’atmosfera filmica ben delineata e precisa, caratterizzante e per certi versi esclusiva nonostante la dichiarata appartenenza al genere thriller. Ruvido e grezzo, il film procede per flashback (più esistenziali che narrativi) non tanto per condurre lo spettatore alla “risoluzione” quanto piuttosto invece per determinare e evidenziare come certi nodi irrisolti del passato ritornino, incancellabili, e facciano parte integrante sempre e comunque del presente attuale. Prima e dopo si mescolano senza soluzione di continuità, passato e presente, messi in scena spesso all’interno dell’inquadratura, rappresentano l’unica dimensione im/possibile. Testimonianza di questo sentimento temporale sono soprattutto le location, aspre e imponenti, silenziose e minacciose, ostili tanto da risultare per certi versi impenetrabili, per certi aspetti invivibili; fredde e buie, remote e primitive così come la convivenza di passato e presente … e forse anche futuro.

Diego Borgazzi – cinemaclassico.it

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