I figli del fiume giallo

Jia Zhangke

Qiao, una ballerina innamorata del gangster Bin, si trova coinvolta in un combattimento tra bande locali e per difendere l’uomo che ama spara un colpo di pistola. Per questo viene condannata a cinque anni di carcere. Dopo il suo rilascio, Qiao va alla ricerca di Bin per ricominciare una vita insieme a lui. Ma non tutto è come prima… Alla “confusione” del racconto fa sponda la disgregazione della Cina d’oggi, ma l’animo indomito di Qiao è la voce di una speranza che Jia Zhangke rinfocola film dopo film.

Ash Is The Purest White
Italia/Cina 2018 – 141′

 

 TORINO – Non è un cinema lineare quello di Jia Zhangke, tantomeno Ash Is The Purest White. Le sue storie si stratificano nel tempo e negli spazi, abbandonano ambienti e personaggi per riprenderli in situazioni diverse e non sempre consequenziali.

Quello che sembra interessare al regista di Oltre le montagne, sono le dinamiche del momento, gli step narrativi che bruscamente interrompono il fluire degli eventi e che non sempre danno facili “referenze” con il passato e con il futuro.
I figli del fiume giallo (questo il titolo italiano con cui Cinema lo distribuirà in Italia) legge la Cina e le sue trasformazioni in 17 anni, attraverso le vicende di Qiao e del suo tormentato rapporto con Bin. Si parte da Datong (2001) dove i due si sentono parte l’uno dell’altro nonché dello jianghu (genia criminale) e gestiscono una bisca. Quando una gang assale Bin e la sua vita appare in pericolo, Qiao non esista ad intervenire sparando un colpo di pistola. La legge cinese non prevede deroghe, Qiao si addossa la colpa del possesso illegale dell’arma e sconta cinque anni di carcere. Quando esce però Bin sì è trasferito a Fengjie e non vuole più rivederla. Lei non desiste e la storia si sviluppa per strade narrative complesse (e oscure) fino a ritornare (2018) a Datong dove solo apparentemente equilibri e legami sembrano (amaramente) ricomporsi.
Il lavoro di Jia Zhangke è autorefernziale, i suoi paesaggi ricompongono il senso del suo cinema: Zhao Tao, sua musa e moglie, è un perno protagonistico essenziale, Datong nello Shanxi rimanda a Unknown Pleasures, Still Life (Leone d’oro nel 2006) era ambientato a Fengjie nella regione di Chongqing e delle Tre Gole; le attività minerarie, gli ambienti desolati perpetuano la tensioni degli episodi de Il tocco del peccato. Un flusso autoriale per un pubblico esperto, ma la “confusione” del racconto fa sponda con evidenza strutturale alla disgregazione dell’oggi cinese e l’animo indomito di Qiao è la voce di una speranza che Jia Zhangke rinfocola film dopo film.

 

ezio leoni – MCmagazine 48

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