Girl

Lukas Dhont

Lara, adolescente con la passione della danza classica: insieme al padre e al fratellino si è trasferita in un’altra città per frequentare una prestigiosa scuola di balletto, a cui dedica tutta se stessa. Ma la sfida più grande è riuscire a fare i conti con il proprio corpo, perché Lara è nata ragazzo… Ispirato a una storia vera. Un film sull’impazienza della giovinezza, sulla sofferenza del corpo e sul percorso di un’anima per diventare se stessa. Un tema forte, affrontato con pudore ed empatia.

CANNES 71°
Caméra d’or
miglior attore
(Un certain regard)
Premio FIPRESCI

 

 

Belgio 2018 – 1h 45′

La novità di questo film belga (tre premi a Cannes e un enorme successo di pubblico) sta nell’evitare ogni denuncia e militantismo. Qui la questione non sta nell’oppressione sociale sulla diversità, ma all’interno di Lara, nella lotta tra lei e i suoi fantasmi. Un film di un realismo duro e osservativo che si rifà alla lezione dei Dardenne. Potente e imperdibile.

nuovocinemalocatelli.it

“Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della mia vita”. Lo scriveva il filosofo Paul Nizan quasi un secolo fa, e il suo pensiero resta universale. È la storia di Lara, che i mitici venti li vede come un miraggio. Lei ha passato da poco i quindici, ma odia il corpo che abita, perché non è il suo.
È una donna con le sembianze di un uomo. Non sopporta il suo riflesso nello specchio, cerca di nascondersi dagli sguardi indiscreti dei suoi coetanei. Usa il nastro adesivo per non far vedere il suo sesso, e cerca di accelerare la terapia. La sua mente vorrebbe bruciare i tempi, ma è il fisico non la accompagna: Lara dimagrisce, soffre, e non riesce a trovare il suo posto- I problemi dell’adolescenza la schiacciano, e lei si rifugia nella danza, nella costante ricerca della perfezione. Sulla pista è libera, può inseguire i suoi sogni, sentirsi una persona “normale”. I piedi sanguinano, le dita sono martoriate, ma Lara è determinata. In alcuni momenti sembra crollare, in altri affronta le sue pene a viso aperto.
La macchina da presa si incolla al suo volto, non la lascia respirare mentre balla. Ogni evoluzione è un passo verso un’esistenza migliore, verso un quotidiano in cui tutti potranno riconoscere la sua femminilità. In una parola: Girl, ragazza, come recita il titolo. Quasi un’utopia, un’immagine scaturita dall’ingegno. L’esordiente belga Lukas Dhont racconta una vicenda di disperazione, girando solo in spazi chiusi. Manca l’aria, come alla protagonista, prigioniera di se stessa. Le mura di casa la opprimono, anche se suo padre cerca di non farle mancare niente. Ci sono pochissimi esterni: si passa dalla sua camera da letto all’ospedale, dalla scuola alla casa delle “amiche”. Dhont segue le orme dei fratelli Dardenne, riprendendo la tematica dell’emarginazione, di un destino beffardo che muove gli uomini come se fossero pedine. Ma nel suo cinema ci sono anche i rapporti famigliari di Xavier Dolan, le crisi di identità. Un film sorprendente, vincitore della Caméra d’or e del Premio FIPRESCI alla scorsa edizione del Festival di Cannes.

Gian Luca Pisacane – cinematografo.it

Girl è il film che il Belgio ha appena candidato agli Oscar. Lara ha quindici anni e vuole fare la ballerina classica, quindi si sfinisce di esercizi alla sbarra. Dove sta il dramma? Victor è nato maschio, come tale registrato all’anagrafe, ma quel corpo non lo sente suo. Prende gli ormoni, si fascia stretto prima di infilare calzamaglia e tutù, aspetta il momento in cui potrà cambiare sesso per davvero (le inquadrature sulle scarpette da punta e sui piedi insanguinati anticipano che non sarà facile). Un papà straordinariamente comprensivo “li” aiuta in tutto e per tutto, dalle lezioni di ballo per Lara alla visita dallo psicologo per Victor (nella categoria “genitori modello, esagerati per esigenze di copione” batte perfino il papà di Timothée Chalamet in Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino). Soffrire si soffre, tormentandosi le mani, al pensiero che Lara/Victor verranno smascherati. Si ammira la bravura dell’attore e ballerino Victor Polster. Ma resta un film di nicchia, per via del balletto soprattutto. Conosciamo spettatori che al solo pensiero fuggono: Billy Elliot ha avuto successo perché c’erano i minatori. Va meglio con gli spettatori di professione. Girl sta collezionando premi e altri onori “di rappresentanza”. Solo a Cannes, la Caméra d’or per il debutto, e il premio per l’attore nella sezione Un certain regard.

Mariarosa Mancuso – il Foglio

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