Le verità

Hirokazu Kore-Eda

Fabienne (Catherine Deneuve) è una star del cinema francese circondata da uomini che la adorano e la ammirano. Quando pubblica la sua autobiografia, la figlia Lumir (Juliette Binoche) torna a Parigi da New York con marito (Ethan Hawke) e figlia. L’incontro tra madre e figlia si trasformerà velocemente in un confronto: le verità verranno a galla, inevitabili fuoco e le fiamme… Magie e bugie, family-drama e cinema-nel-cinema si snodano con leggerezza e profondità, anche fuori dal Giappone il cinema di Kore-eda riesce a non disperdere la propria poesia.


La vérité
Francia/Giappone 2019 (107′)


   Il primo film che Kore-Eda ha diretto fuori dal Giappone mette in scena il confronto tra una diva, Fabienne, e la figlia sceneggiatrice, che per l’uscita dell’autobiografia della madre è tornata a Parigi da New York col marito e la figlioletta. Ma quello che poteva sembrare all’inizio una specie di “Eva contro Eva”, perché la figlia ha molte recriminazioni sulle “verità” che la madre ha dato alle stampe, diventa una riflessione più sottile e più ambigua sulla natura umana e sulla “necessità” per un’attrice di essere egoista. Fabienne ha molto da farsi perdonare, sia come madre sia come donna, eppure forse non poteva fare altro per arrivare ai vertici che ha raggiunto. Se i personaggi dei film giapponesi di Kore-eda sono spesso diversi da quello che poi dimostreranno di essere, qui il regista ci dice che per un’attrice quella doppiezza, quella falsità può essere un obbligo e un dovere, di cui paga le conseguenze chi le sta vicino. E con una coraggiosa spallata a ogni pretesa di correttezza (politica o sessuale che sia) rivendica l’egoismo e le bugie come elementi imprescindibili per diventare una vera attrice. Magistrale la prova di Catherine Deneuve fatta di sfumature e di occhiate più eloquenti di qualsiasi battuta.

Paolo Mereghetti – Io donna

Catherine Deneuve fa l’attrice vanitosa nel film “La vérité” di Kore-eda Hirokazu, che ha aperto ieri sera la Mostra del Cinema di Venezia come primo dei film in concorso. (…) Il regista giapponese che nel 2018 vinse la Palma d’oro al festival di Cannes con “Shoplifters” più che alla Francia ha ceduto al fascino delle attrici francesi. Accanto a Catherine Deneuve c’è Juliette Binoche, figlia sceneggiatrice che vive a New York con il marito attore Ethan Hawke. Si capisce che non si vedono da tempo e non corre buon sangue. Per aumentare le rivalità e i rancori, l’attrice (e madre piuttosto distratta) ha scritto un’autobiografia. Menzognera, agli occhi della figlia. Non c’è traccia di una certa Sarah, attrice rivale a cui i ruoli venivano sottratti andando a letto con i registi.
Ne esce una trama che mette insieme Philip Roth (“avanziamo nella vita pensando che gli altri abbiano sempre torto”) e il cinema nel cinema, mai una gran trovata: qui girano un film di fantascienza in cui le mamme appaiono più giovani delle figlie perché sono state nello spazio. A siglare una pace provvisoria – e a confondere ancor di più la vita con il cinema, Catherine Deneuve aveva una sorella attrice, Françoise Dorléac, morta giovanissima – passa di mano in mano il vestito nero con collettino bianco che Catherine Deneuve indossava in “Belle de jour” di Luis Buñuel. Film più che corretto, e a tratti divertente e perfido. Ma niente a che vedere con la forza e le sorprese di “Shoplifters”…

Mariarosa Mancuso – Il Foglio

È possibile affidarsi ai ricordi per rintracciare la verità? Messe su carta, le nostre “memorie” che valore assumono per gli altri? Soprattutto per chi ha fatto parte della nostra vita? Ruota intorno a queste domande il nuovo film di Kore-Eda Hirokazu. (…) La vérité – apertura in concorso della 76ma Mostra di Venezia – esplora come altre volte accaduto nel cinema di Kore-Eda gli intrecci emotivi di una famiglia. Nello specifico, la famiglia è quella di Fabienne (Catherine Deneuve), diva del cinema francese circondata da uomini che la adorano e la ammirano. Quando pubblica la sua autobiografia (Le vérité, appunto), la figlia Lumir (Juliette Binoche) torna a Parigi da New York con marito (Ethan Hawke) e figlia. L’incontro tra madre e figlia si trasformerà velocemente in un confronto: le verità verranno a galla (?), i conti saranno sistemati, gli amori e i risentimenti confessati.
Magie e bugie, family-drama e cinema-nel-cinema si snodano lungo un sentiero dove leggerezza e profondità si amalgamano grazie ad una scrittura sopraffina (lo script è del regista stesso) e al talento smisurato dei suoi interpreti, con Deneuve-Binoche allacciate in un passo a due di un’intensità e una classe commoventi, sullo sfondo di un autunno parigino di malinconica bellezza.
Freschezza e umorismo non abbandonano mai la narrazione, andando così a riempire quel senso di vuoto che aleggia sui protagonisti: è la storia di un’assenza – dopotutto – a calibrare da anni i rapporti tra questa madre troppo impegnata a rincorrere la finzione (“della quotidianità non frega nulla a nessuno”) e una figlia che, attrice mancata, diventata adulta lavora inventando storie, come sceneggiatrice. Ed è qui che il metacinema di Kore-eda trova il suo sbocco più naturale: Lumir accompagna Fabienne sul set del nuovo film che sta girando, un’improbabile sci-fi intitolata Ricordi di mia madre, dove la protagonista Manon (Manon Clavel) è costretta a vivere nello spazio per scongiurare la fine prematura dovuta ad una malattia terminale. Torna sulla Terra ogni 7 anni, ritrovando la figlia di volta in volta cresciuta: Fabienne interpreta questa figlia, ormai 73enne, al cospetto di una madre più giovane di lei di almeno 40 anni. Non detti e fantasmi riemergono via via che l’attrice si avvicina al termine della lavorazione. Su tutto, il ricordo di Sarah (alimentato dalla somiglianza con Manon), una collega scomparsa tragicamente molti anni prima, con cui Fabienne era legata da un rapporto profondo e l’allora bambina Lumir trascorreva parte della sua infanzia. Impossibile, a tal proposito, non collegare questo artificio narrativo alla reale, dolorosa perdita della Deneuve, quella della sorella-attrice quasi coetanea Françoise Dorléac, morta a soli 25 anni in un incidente d’auto. Finzione e realtà si sovrappongono, ancora una volta, piccole menzogne vengono preferite ad amare verità, i ricordi sbiadiscono e riaffiorano senza soluzione di continuità, l’autunno volge all’inverno. E il cinema di Kore-eda – pur spostandosi ad altre latitudini – riesce a non disperdere la propria poesia.

Valerio Sammarco – cinematografo.it

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