I Am Greta – Una forza della natura

Nathan Grossman

Un documentario “privato” che entra nella vita di Greta Thunberg. A partire dallo sciopero scolastico solitario per una giustizia climatica fuori dal parlamento svedese, il regista Nathan Grossman segue Greta – una timida studentessa con la sindrome di Asperger – nella sua ascesa alla ribalta e nel suo impatto globale galvanizzante che ha scatenato scioperi scolastici in tutto il mondo. Il film culmina con il suo incredibile viaggio nel 2019 in barca a vela nell’Oceano Atlantico per raggiungere New York e parlare all’ONU durante il Summit sul clima.


Svezia 2020 (98′)


    C‘è una probabilità piuttosto alta che molti tra chi sta leggendo queste righe abbiano avuto esperienza diretta dei #FridaysForFuture, le manifestazioni tenutesi in Italia e in tutto il mondo per protestare contro una politica che parla e non mantiene, e che non fa nulla per contrastare realmente il drammatico problema del cambiamento climatico. Chi è giovane, è possibile siate scesi in piazza. Chi invece è più avanti con gli anni, avrò magari dei figli o loro amici che lo hanno fatto. Come noto, il movimento #FridaysForFuture è nato dall’iniziativa di una ragazzina svedese di nome Greta, che ha iniziato a scioperare dalla scuola sedendosi ogni venerdì mattina di fronte al parlamento del suo paese, a Stoccolma, in segno di protesta e a sostegno di una causa che la ossessiona. Pochi giorni fa Greta Thunberg, che a gennaio compirà 18 anni, ha dichiarato che il suo anno sabbatico è finito e che tornerà a scuola regolarmente, dopo aver girato il mondo per testimoniare il suo sdegno e la sua preoccupazione, ed essere diventata un simbolo e un esempio da imitare per milioni di coetanei. Ma intanto Greta Thunberg è stata una delle grandi protagoniste del Festival di Venezia, grazie al documentario di Nathan Grossman che ne racconta la storia: I Am Greta. Il film di Grossman è un ritratto della Greta pubblica e di quella privata, e ne racconta la storia dalle prime, quasi solitarie proteste in Svezia nel 2018, quando aveva appena 15 anni, fino al celebre “How dare you?” pronunciato con rabbia tremante al Climate Action Summit del 2019 a New York, dove Greta era arrivata viaggiando in barca a vela, sfidando l’oceano Atlantico e le sue idiosincrasie, e non su quegli aerei ai quali ha rinunciato da tempo per ovvie ragioni di impronta ecologica.
Un ritratto che ne mette in mostra non solo il crescente successo, e il suo divenire icona, ma anche le fragilità e le paure: che sono quelle comprensibili di una normale ragazza adolescente alle prese con cose tanto grandi, rese ancor più difficili da gestire dalla sindrome di Asperger. Una sindrome che, come la stessa Greta dice al giornalista italiano Corrado Formigli in un frammento contenuto nel documentario “ha”, ma di cui “non soffre”, e che è stata usata con rara sgradevolezza come arma contro di lei dai suoi detrattori, che la dipingono come una ragazzina malata e manipolata. “In molti hanno diffuso voci, sostenendo che io non pensi per me stessa e che altri mi scrivano i discorsi, ma dal film di vede che non è così: parlo per me stessa e prendo le mie decisioni,” ha raccontato Greta presentando il suo film alla stampa, collegata via Zoom dalla Svezia durante la ricreazione di un normale giorno di scuola.

Thunberg ha poi raccontato come il progetto di Grossman non sia nato per raccontare un fenomeno già esploso, ma di come tutto sia cominciato quando ancora non aveva la notorietà e il ruolo assunti successivamente: “ma il movimento è partito in fretta, ed è diventato più grande di quanto potessimo prevedere. Nel film Grossman non sembrava poi così professionale, non aveva nemmeno un fonico, faceva tutto da solo. Ma era molto discreto, e io mi sentivo libera di agire come fossi stata da sola.” Greta, racconta, era inizialmente un po’ preoccupata che il tanto materiale messo assieme dal regista gli avrebbe dato modo di “scegliere, e raccontarmi in una maniera che non mi rifletteva davvero. Ma,” ha aggiunto, “penso invece che sia riuscito a mostrarmi come sono davvero, come una ragazza timida e un po’ nerd, e non come fanno i media che mi ritraggono solo come la bambina ingenua e arrabbiata che urla contro i leader mondiali.”
Oltre a raccontarne infatti gli incontri con i potenti della Terra, e le sue invettive contro i politici che parlano e non fanno, e prendono solo decisioni in base a quanto possano risultare popolari o meno, I Am Greta mette in luce le tante fragilità e le difficoltà della sua protagonista, e il peso che si è sentita progressivamente crescegli addosso. “È una responsabilità eccessiva per noi ragazzi, non dovremmo essere noi a lottare per il pianeta, ma dovrebbero essere gli adulti e le persone di potere che hanno causato il problema ad assumersi le loro responsabilità.” ha ammesso Thunberg. “Se io posso essere uno strumento per portare all’attenzione della gente la crisi climatica, e farla capirla meglio, penso sia una cosa positiva,” ha anche detto. “Ma il dibattito non dovrebbe essere focalizzato su di me, come è stato finora, ma sul clima. Penso che questo film cerchi di raccontare un individuo in una storia che riguarda tutti, e assume un punto di vista olistico.”


Nel mondo di oggi colpito dal Covid, le questioni relative al cambiamento climatico sembrano essere passate in secondo piano. E per ovvi motivi i ragazzi di #FridaysForFuture non sono potuti scendere in piazza per mesi. “Sembra che l’umanità non riesca ad affrontare due crisi contemporaneamente, ed è una triste perché non abbiamo così tanto tempo per rimediare alla crisi climatica,” ha detto Grossman, che di Greta ha sottolineato quanto sia concisa, sintetica ed efficace nel parlare di questioni molto complesse, e che si è detto contento di aver potuto mostrare nel suo documentario aspetti di lei che la gente non conosce, come ad esempio “quanto sia divertente, oltre che interessante.” Greta Thunberg è ora tornata a scuola, nei prossimi mesi non girerà più il mondo come ha fatto negli ultimi due anni, ma questo non vuol dire che la sua passione e il suo impegno siano diminuti. “Ancora non abbiamo iniziato a trattare la crisi come dovremmo,” ha detto. “Non abbiamo ancora alcuna consapevolezza diffusa, non la trattiamo come una crisi in corso come realmente è e non iniziamo a fare quel che dovremmo per risolverla. E noi dobbiamo ancora diffondere consapevolezza. Per cambiare le cose ci serve più ricerca, certo, ma soprattutto l’azione politica: e forse io posso essere ancora utile.”.

comingsoon.it

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