Il grande sentiero

John Ford

Oklahoma, 1878. Umiliati dalle promesse non mantenute del governo americano gli ultimi Cheyenne (286!) affrontano uno stremante viaggio (3000 miglia) verso lo Yellowstone (Wyoming), la terra dei padri. Imbracceranno al bisogno le armi, guaderanno fiumi, valicheranno inaspettati confini (i binari della ferrovia) e affronteranno la fame, la neve e il gelo, fino a cercare provvisorio rifugio a Fort Robinson. In fuga dopo un ulteriore cruento massacro, l’incontro sulle colline del Dakota con il segretario all’interno apre ai superstiti l’opportunità di procedere nel loro cammino insediandosi nella riserva di Powder River: il sentiero dell’autunno di un popolo.

Cheyenne Autumn
USA 1964 (154′)

  Ford contrappunta la triste epopea del popolo Cheyenne con le contraddizioni nei ranghi dell’esercito (il tenente che vorrebbe vendicare il padre, la crisi morale del cap. Archer, la follia del capitano a Fort Robinson), non rinuncia alle parentesi sentimentali (il rapporto a lieto fine tra Archer e la quacchera Deborah, quello funesto tra il giovane figlio del capo e la giovane sposa dello zio), né alle critiche all’informazione (passano da 9 a 109 le vittime tra i soldati, al primo scontro a fuoco, quando vengono riportate dalla stampa) e al siparietto antieroico nel saloon di Dodge City con Doc Holliday e Wyatt Earp (che affronta i cowboy sbruffoni e assassini).
Il paesaggio resta fondamentale con i campi lunghi a descrivere crinali e praterie costellati di cavalli e pellerossa, smunti ma indomiti. E, ancora una volta, l’umanesimo di Ford si manifesta in quelle donne e in quegli uomini, pellerossa o bianchi che siano, inquadrati a mezzobusto mentre guardano perplessi al loro destino (il riferimento va alle figure ieratiche delle donne in Il massacro di Fort Apache). Il grande sentiero è il testamento del western classico ed è l’ultimo lavoro nel genere di Ford: un intrinseco risarcimento morale all’interno nella sua filmografia, forse troppo didascalico ma indispensabile.

 

Ezio Leoni


tre capolavori indimenticabili 

NOTE:
Il segretario all’interno Carl Shurz doveva essere interpretato da Spencer Tracy che dovette rinunciuare per malattia
I due capi indiani Dull Knife e Little Wolf diventano nella versione italiana Aquila nera e Zanna di lupo

tra gli interpreti: Richard Widmark (cap. Thomas Archer), Carroll Baker (Deborah Wright), Sal Mineo (Red Shirt), Gilbert Roland (Dull Knife), Ricardo Montalbán (Little Wolf), Dolores del Río (donna spagnola), Karl Malden (cap. Oscar Wessels), Edward G. Robinson (Carl Schurz), James Stewart (Wyatt Earp), Arthur Kennedy (Doc Holliday), John Carradine (Jeff Blair)

FRASI:
Little Wolf: “Anche i cani vanno dove vogliono, ma non noi Cheyenne”
Capitano Archer: “Uno Cheyenne è un guerriero appena si affaccia al mondo,  per un bianco ci vuole l’uniforme”

SEQUENZE:
l’incedere della migrazione indiana
i corpi nella neve tra i quali vaga il cap. Wessels dopo il massacro a Fort Robinson
la morte di Red Shirt ucciso dallo zio Dull Knife

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