Tra le onde

Marco Amenta

Salvo, 45 anni aspetto ruvido e vissuto e Lea 30, di una bellezza abbagliante e malinconica, viaggiano in un camion frigorifero immersi in una natura pietrosa e oscura. Sospesi tra la nostalgia di una passato che li ha resi felici e un presente che oscilla tra rancore e voglia di amore viaggiano, senza sosta, in una notte che sembra non avere fine. Un road movie che ha i toni di una moderna favola nera.

Italia 2021 (90′)

Salvo è un uomo tormentato che opera nel settore della vendita del pesce tra Lampedusa e la Sicilia. Una notte cerca di salvare in mare un naufrago che, nonostante il suo intervento, annega. Gli trova addosso elementi che indicano il nome, Nadir, ed altri che testimoniano la presenza della moglie in Sicilia. Decide allora di mettere il cadavere nel suo furgone frigorifero per consegnarlo alla donna. Nel corso del viaggio incontra Lea, la compagna che non vive più con lui da tempo. Marco Amenta costruisce un on the road polisemico che decide di aprire collocando sin dal primo carrello lo spettatore in un clima di attesa e di incertezza nonché carico di interrogativi. Cos’è accaduto nella vita di Salvo? Perché si sta vendendo (al ribasso) il locale che gli apparteneva? Cosa pesa sul suo volto scavato dal dolore? Passa poi all’elemento di svolta: il tentativo di salvataggio con una conseguente (ma niente affatto scontata) decisione che potremmo definire dardenniana: ricongiungere anche dopo la morte due persone che si sono amate. In questa dimensione umanitaria e realistica innesta l’incontro con Lea, l’amore di un tempo forse sempre cercato o invece ritrovato casualmente. La morte di Nadir sembra poter fare, per contrasto, rinascere quell’ amore che sembrava finito. Su tutto ciò aleggia un senso di profonda angoscia che viene sostenuto da uno sguardo che sa come far intervenire lo spazio nel marcare psicologie e caratteri. Non c’è una sola inquadratura (in particolare in esterno) in cui la luce, i colori e le strutture artificiali e/o naturali non acquistino un valore significativo. Amenta si conferma regista che sa offrire al grande schermo ciò che il grande schermo chiede: location che non siano promosse dal locale Ente del Turismo o semplicemente pensate come fondali ma elementi che connotino la narrazione divenendone parte integrante quando non indispensabile. Se a tutto ciò si aggiunge la riflessione sul destino di molti (troppi) migranti si può comprendere come in questo caso si sia di fronte ad un cinema che coniuga l’impegno civile con la ricerca estetica.

Giancarlo Zappoli – mymovies.it

Lascia un commento