Angeli perduti

Wong Kar-wai

Storie di solitudini che s’incrociano tra le luci delle notti di Hong Kong. Ming, infallibile sicario, non è altrettanto a suo agio nel rapporto con la socia, innamorata di lui. Un bizzarro giovane sordomuto s’invaghisce di Charlie, tanto da aiutarla a riconquistare il suo ex ragazzo. “Angeli” condannati all’incomunicabilità a dispetto del loro disperato bisogno d’amore.

Do lok tin si
Hong Kong 1995 (96′)
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 Hong Kong Express parte seconda. In questo mancato (per sovrabbondanza narrativa) terzo episodio del film precedente Wong Kar-Wai perpetua il suo stile vibrante e allucinato, debordante ma mirato nel descrivere la deriva cosmopolita di scenari e personaggi, di esistenze inquiete e personalità schizzate, di esseri umani schiavizzati dagli automatismi del vivere, di cose e oggetti che acquistano “naturalmente” una propria peculiarità esistenziale. Solitudini e ossessioni di un cinema all’avanguardia.

ezio leoniLUX (cinema “duro”) giugno/luglio 1995

  Wong Kar Wai sviluppa idee rimaste inutilizzate in Hong Kong Express (1994), realizzando una sorta di spin-off che ha in comune anche uno degli attori protagonisti (Takeshi Kaneshiro). Stavolta le due storie non sono giustapposte, ma scorrono in montaggio alternato: speculare e ancora più psichedelico rispetto al predecessore, è un film altalenante che non esita a pescare dall’immaginario del cinema di genere (soprattutto il gangster movie) per decontestualizzarlo definitivamente, e ricreare gli stilemi del linguaggio da videoclip contaminandoli con l’influenza del cinema d’autore europeo. Una Hong Kong notturna e acida è trasfigurata nell’inconfondibile universo wonghiano popolato da personaggi disfunzionali, in cui i dettagli si fanno elementi estetici (dalle onnipresenti sigarette al jukebox, presenza ricorrente nel cinema del regista già dai tempi di As Tears Go By, 1988). Gli “angeli” di Wong, tra cui spiccano soprattutto l’asociale e bellissima Michelle Reis e l’irresistibile pazzoide Kaneshiro, sono condannati all’incomunicabilità a dispetto del loro disperato bisogno d’amore. A tratti fin troppo azzardato nella sua messinscena, il film enfatizza l’uso di step-framing e angolature deformi: può così risultare irritante per chi non ama lo stile di Wong, ma altrettanto trascinante per i suoi.

longtake.it 

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