The Last Viking

Anders Thomas Jensen

Anker viene rilasciato dal carcere dopo una condanna a quindici anni per rapina. A seppellire il bottino era stato Manfred, suo fratello. Solo lui sa dove si trova. Purtroppo Manfred ha sviluppato un disturbo mentale che gli ha fatto dimenticare tutto. I fratelli intraprendono un inatteso viaggio alla scoperta del denaro – e di sé stessi. Una storia bizzarra e provocatoria sull’identità.


Den Sidste Viking (The Last Viking)
Danimarca 2025 (116′)

VENEZIAThe Last Viking è stato presentato alla Mostra del Cinema nella sezione Fuori Concorso, e sicuramente ha attirato buona parte del suo pubblico tra gli estimatori dell’attore Mads Mikkelsen più che tra gli amanti del cinema danese. Che il pubblico in sala fosse presente per uno o per l’altro motivo sicuramente non è rimasto deluso.

  Mikkelsen, con un passato di ruoli di possente guerriero o inquietante antagonista, qui recita un improbabile individuo in tuta da ginnastica, capello biondo tinto e irrefrenabile passione per i cani affetto da un grave disturbo della personalità che gli fa credere di essere John Lennon, al punto che quando qualcuno gli si rivolge con il suo vero nome, Manfred, egli non possa fare altro che fuggire questa grave offesa gettandosi da finestre, auto in corsa, ponti e quant’altro. Manfred ha un fratello, Anker, all’apparenza molto più centrato di lui, che ha appena finito di scontare quindici anni in carcere per una rapina. Appena uscito trascina Manfred alla ricerca della refurtiva che gli aveva affidato perché la nascondesse nella loro casa d’infanzia. L’ostacolo della malattia rende ogni momento di questa ricerca paradossale e snervante, attraverso una concatenazione di episodi rocamboleschi con protagonisti i due fratelli e una serie di altri istrionici personaggi (pazienti psichiatrici, affittuari snob, sicari privi di scrupoli), ma la convivenza forzata dei due fratelli aiuterà a riportare alla luce un indicibile segreto che li tiene uniti e che Anker ha rimosso, attivando una sua particolare patologia. Ma la malattia mentale non è puramente un escamotage narrativo per creare tensioni, ma anche una metafora della ricerca e attestazione della propria identità. Anker e Manfred sono stati separati per molti anni, hanno vissuto esperienze che li hanno dissociati da sé stessi e ora si vedono costretti a un riavvicinamento che li aiuterà a ritrovare un equilibrio e a tornare fratelli.

A questo punto il titolo del film non sembra dare delle indicazioni chiare: fa riferimento a un’altra delle ossessioni maniacali di Manfred sin da bambino, richiama una stereotipia rispetto alla cultura danese, e il titolo di un racconto animato che apre e chiude il film e che parla di una comunità vichinga in cui, dopo che il figlio del capo ha perso un braccio, tutti gli uomini si fanno tagliare un braccio (una cornice evocativa anche se non del tutto funzionale al messaggio del film).

Nonostante un paio di forzature nel finale The Last Viking ha comunque un buon ritmo sostenuto dal cast di attori che riescono a gestire molto bene questa commistione di umorismo nordico (che certo, deve piacere) e tensione da film thriller/gangster, capace di sorprendere.

Arianna Vietina – MCmagazine 105

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