dicembre 2018

periodico di cinema, cultura e altro... ©
 

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Reg.1757 (PD 20/08/01)

 
 
TOP-FILM 2018

uscita italiana: 1 gennaio - 31 dicembre

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E. Leoni

 Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Il filo nascosto - Roma - Cold War - I segreti di Wind River

P. Liberati

 Il filo nascosto - Loro - Interruption - Dogman - La ballata di Buster Scruggs

G. Martini

 Roma - Cold War - Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Dogman - L'albero dei frutti selvatici

L. Miolo

 Roma - Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Dogman - Il filo nascosto - La ballata di Buster Scruggs

C. Menegolli

 Roma - Il filo nascosto - Dogman -  Zombie contro Zombie - Interruption

M.C. Nascosi

 Tre manifesti a Ebbing, Missouri - Il filo nascosto - The Children Act/Il Verdetto - Tonya - Lo sguardo di O.Welles

A. Tognolo

 Meektoub, My Love: Canto Uno - Il filo nascosto - Roma - Corpo e anima - Tre manifesti a Ebbing, Missouri

V. Torresan

 Dogman - BlacKkKlansman - Il filo nascosto - L'isola dei cani - Roma
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FESTIVAL DI TORINO

23 novembre - dicembre 2018

Una grande partecipazione di pubblico e di accreditati ha decretato il successo di questa 36° edizione del TFF, appuntamento imprescindibile per scoprire le nuove tendenze del cinema. L'ampia e variegata offerta di film ha confermato ancora una volta la validità del lavoro della sua energica (e simpatica!) direttrice Emanuela Martini e dei suoi collaboratori, lasciando semmai in chi l'ha seguito il rimpianto di non aver potuto vedere che una parte dei film proiettati.
Oltre ai 15 film in
concorso (riservato alle opere prime e seconde), le sezioni Festa mobile, Onde e After Hours hanno offerto una panoramica ad ampio raggio sulle ultime produzioni internazionali e le due retrospettive su Jean Eustache (il più rigoroso e meno conosciuto degli autori della Nouvelle Vague) e sulla grande coppia Powell e Pressburger (Scarpette rosse, La volpe...) hanno contribuito a portare l'attenzione su un regista lontano dalle mode e a recuperare il piacere di abbandonarsi alla narrazione pura.


Il premio per il
miglior film è andato a Wildlife di Paul Bano, ispirato al romanzo Incendi di Richard Ford con Jake Gyllenhall e Carey Mulligan, incentrato sulle dinamiche familiari genitori-figli, sugli slittamenti degli affetti e soprattutto sugli “incendi” emotivi.
Il premio
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo è stato attribuito al film tedesco Atlas di David Nawrath, quello per la miglior sceneggiatura a Den skyldige/The Guilty del danese Gustav Moller.

Tra i film più interessanti del concorso possiamo citare Nervous Translations di Shireen Seno, una nuova voce del cinema filippino, che adotta il punto di vista di una bambina, che trascorre il suo tempo per lo più chiusa in casa da sola, Temporada del brasiliano Andrè Oliveira e il sorprendente e disturbante Oiktos/Pity di Babis Makridis (premio Fipresci del sindacato critici), che conferma la vitalità espressiva della cosiddetta “Nouvelle vague ellenica”.
Tra i molti titoli della sezione
Festa mobile troviamo il bellissimo Pretenders, un omaggio sentito e affettuoso al cinema degli anni sessanta-settanta del sempre bravo e raffinato James Franco, il nuovo sguardo di Jia Zhangke sul degrado umano e civile della sua Cina (Ash Is The Purest White) e il pluripremiato Dovlatov di Aleksey German sulla vita del celebre scrittore, che in patria aveva dovuto subire un totale ostracismo nei confronti delle sue opere, film che offre una ricostruzione molto accurata delle atmosfere dell'URSS pre-perestroika, ma alla fine risulta un po' troppo didascalico.
Onde, la sezione più aperta alla sperimentazione linguistica, oltre al bel documentario di Nanni Moretti Santiago, Italia, presentava La flor, il film-evento dell'argentino Mariano Linàs, che scavalca a piè pari qualsiasi piacere della serialità televisiva e immerge lo spettatore in un flusso di (in)coscienza narrativa lungo quasi 14 ore (di cui 30 minuti di titoli di coda), in cui si alternano sei storie e un labirinto di personaggi che vanno per conto loro e si incontrano solo nella logica disorientata dell'autore: un omaggio al cinema in tutti i suoi stati (dal muto al sonoro su immagine fissa), che pecca però di un eccessivo sperimentalismo “anni sessanta”.
Un discorso a parte merita la sezione
After Hours, dove, secondo una tradizione tipica di questo festival, trovano spazio le ultime produzioni noir, ma soprattutto horror. Un insolito noir è quello del grande regista filippino Brillante Mendoza Alpha, the Right to Kill, una commedia demenziale assolutamente esilarante è Hevi Reissu/Heavy Trip su una banda di musicisti metallari dei finlandesi Laatio e Vidgren, ma la parte del leone l'hanno fatta i numerosi horror presenti in questa sezione.
Complessivamente davvero soddisfacente, a consuntivo, la qualità dei film presentati: da
Mandy di Panos Kosmatos con un sempre più esagitato Nicolas Cage all'inquietante Incident in a Ghostland del regista di culto del genere Pascal Laugier (Martyrs), al più visionario e sorprendente di tutti: In Fabric di Peter Strickland. Unica delusione il molto atteso Piercing di Nicolas Pesce, che non ha saputo trasferire in immagini l'atmosfera morbosa sado-maso del romanzo di Riu Murakami, cui il film è ispirato.
Un vero regalo infine, per gli appassionati del genere, è stata la retrospettiva sul visionario regista galiziano
Armando de Ossorio, di cui sono stati proiettati i cinque film della serie stracult dei Resuscitati ciechi.

Cristina Menegolli

 
 
BIENNALE ARCHITETTURA

26 maggio - 25 novembre 2018

A qualche settimana dalla chiusura della 16ma Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia è possibile stilare un bilancio di questa edizione: i dati diffusi parlano di un incremento del 6% dei visitatori, di cui il 50% ha meno di 26 anni, confermando il trend positivo della manifestazione. Il presidente Baratta ormai alla guida da svariati anni ha sempre cercato di trovare un legame fra l'architettura e la sua implicazione sociale. Dopo l'edizione del 2016 curata da Alejandro Aravena che si è focalizzata sulle battaglie dell'architettura militante e coinvolta in processi partecipativi, l'edizione del 2018 è stata affidata al duo di architette irlandesi Yvonne Farrel e Shelly McNamara, legato all'architettura come disciplina attraverso sia un'intensa carriera professionale che il lavoro di docenza sviluppato all'Accademia di Mendrisio.
Il tema è stato annunciato a Giugno 2017 attraverso il manifesto del titolo: Freespace. La proposta fatta ai partecipanti è stata quella di presentare architetture che sappiano valorizzare le qualità spaziali che danno ricchezza e qualità agli interventi, anche privati, e che siano in grado di riconoscere come clienti paritari non solo i finanziatori del progetto ma anche i cittadini che vi entrano in contatto alla scala urbana e la Terra stessa. Le risposte sono state estremamente varie, e hanno visto premiati Eduardo Souto de Moura con il Leone d'oro e Architecten de Vylder Vinck Taillieu con il Leone d'argento. Menzioni speciali sono state assegnate ad Andra Matin, che ha presentato uno studio sulle tipologie abitative vernacolari dell'Indonesia, e allo studio RMA ARCHITECTS, che ha esposto tre progetti realizzati in India “attenuando con delicatezza le barriere e le gerarchie sociali”.
Professoresse dell'Accademia di Mendrisio, le Grafton hanno reso omaggio al corpo docente di cui fanno parte invitando i colleghi ad esporre, attraverso la sezione fuori concorso “the practice of teaching” in mostra alle corderie, la relazione di influenza reciproca che si sviluppa tra la libera professione e l'insegnamento.
Per il padiglione centrale dei giardini è stata immaginata un'altra sezione speciale del nome Close Encounters attraverso la quale dei giovani studi di architettura irlandesi si sono confrontati con i progetti iconici del passato, che fanno parte della storia dell'architettura.
Le capacità progettuali delle Grafton si sono rivelate in particolare nel rapporto con le sedi espositive: la comprensione delle caratteristiche degli spazi e la volontà di esaltare l'atmosfera della città di Venezia si sono evidenziate in modo particolare nella sede dell'Arsenale. Completamente svuotata dalle partizioni che solitamente vengono utilizzate per l'allestimento, per la prima volta è stato possibile ammirare con un colpo d'occhio unico le
Corderie nella loro totalità, illuminate dalla luce naturale che filtrava attraverso le finestre e con gli effetti della gibigiana sui soffitti.

Vincitore del Leone d'oro come partecipazione nazionale è stata la Svizzerache ha ricostruito ambienti domestici a diverse scale proponendo ai visitatori un “tour della casa” che da virtuale diventa reale. Menzione speciale come Partecipazione Nazionale è andata alla Gran Bretagna che attraverso la collaborazione fra lo studio Caruso St John e Marcus Taylor ha intrapreso una riflessione sul concetto di isola, come luogo di rifugio o di esilio, svuotando la sede storica del padiglione e allestendo una piattaforma sulla sua copertura.

Grande successo ha avuto il padiglione del Vaticano, alla sua prima partecipazione alla Mostra d'Architettura, curato da Francesco Dal Co. Nell'isola di San Giorgio sono state realizzate 11 cappelle da altrettanti celebri architetti provenienti da tutto il mondo, tra cui Norman Foster e Souto de Moura solo per citarne alcuni.

Tra gli eventi che hanno caratterizzato questa edizione, vuoi per la presenza di due curatrici donne, vuoi per il dibattito nato dal movimento #TimesUp, è stato il flash mob organizzato durante il vernissage sul tema della parità di genere nel campo dell'architettura. Organizzato nella sede dei Giardini da Caroline James (che già aveva indetto con Arielle Assouline-Lichten una petizione per il riconoscimento a Denise Scott Brown del Pritzker Architecture Prize), ha visto la curatrice Martha Thorne leggere il manifesto di VOW (>>Voices of Women<<) per il raggiungimento di maggiore equità, riconoscimento, correttezza e inclusività di donne, persone di colore e altre voci marginalizzate nel campo dell'architettura e del design.
Uno sguardo sul mondo che esca dei confini nazionali ed europei mostra una costante crescita della popolazione, l'abbandono delle aree rurali, la proliferazione urbana e l'incombente problema ambientale come fenomeni giganteschi su cui misurarsi, che la cultura architettonica ed urbanistica non può trascurare. Baratta continua a darci strumenti per interrogarci sul nesso tra l'architettura e le sue implicazioni sociali, come nocciolo del problema proposto in questi anni ai curatori. Un punto esplorato anche nelle edizioni di
Arte, dal nuovo umanesimo con Viva arte viva di Christine Macel alla prossima May you live in interesting times di Ralph Rugoff, sul confronto ineludibile con una contemporaneità in rapido cambiamento.

È del 19 Dicembre la notizia della nomina da parte del presidente Paolo Baratta del curatore della 17ma Mostra (2020), Hashim Sarkis, architetto di origine libanese ora preside di facoltà della School of Architecture and Planning al MIT: “Un curatore particolarmente sensibile ai temi e alle urgenze che la società, nelle diverse contrastanti realtà, pone per il nostro abitare”.

Emma Biscossa

 
 
 
 

in rete dal 4 gennaio 2019

 

 

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