La mia vita da Zucchina

Claude Barras

Zucchina è il soprannome di un bambino di 9 anni, la cui storia, sebbene singolare, è in realtà sorprendentemente universale. Dopo la morte improvvisa di sua madre, Zucchina fa amicizia con un agente di polizia gentile, Raymond, che lo accompagna in una casa famiglia, dove risiedono altri orfani della sua età. In un primo momento, Zucchina dovrà lottare per trovare il proprio posto in questo strano, e a volte ostile, ambiente. Tuttavia, con l’aiuto di Raymond e dei nuovi amici, Zucchina imparerà ad avere fiducia, troverà il vero amore e, finalmente, una nuova famiglia. L’antico fascino dello stop-motion! Claude Barras provvede a disegnare un mondo vero e stilizzato, cupo e “pastelloso” come visto con sguardo di bambino, così da amalgamare i contrastanti elementi dell’infelicità e della solitudine con gli antidoti dell’amicizia, di figure genitoriali “supplenti”, del primo amore… Delicato e complesso per gli occhi dei più piccoli, incantevole e commovente per il cuore degli adulti..

 

Ma vie de courgette
Francia/Svizzera 2016 – 66′

 

Nasce da un libro-gioiello (…) e si traduce in altrettanta qualità diamantina l’esordio ‘in lungo’ dello svizzero Claude Barras, sceneggiato per lui dal talento della francese Céline Sciamma. La bellezza del film, breve ma intenso, coinvolge tanto la cura dell’aspetto artistico-artigianale (animazione in stop motion con pupazzi reali filmati) quanto quella di contenuti sapienti fra poesia e realismo ‘di formazione’. I piccoli protagonisti osservano l’incomprensibile mondo in cui il destino li ha calati con occhi immensi: sono pieni del dolore subito nell’incoscienza delle sue conseguenze ma anche pronti ad illuminarsi non appena un barlume di felicità prova ad accendersi. Pluripremiato, imperdibile.

Anna Maria Pasetti – Il Fatto Quotidiano

 

Nel mondo a parte del cinema d’animazione c’è una piccola provincia da cui sono arrivati alcuni tra i più bei film degli ultimi decenni. Sono i lavori realizzati in stop motion, ovvero animando fotogramma per fotogramma pupazzi e set in 3 D dove ogni cosa ha peso, consistenza e riflette veramente la luce, il che spiega almeno in parte lo speciale realismo poetico consentito da questa tecnica. Per chi ama il genere (…) Gli altri dovrebbero vincere le loro resistenze – l’animazione è spesso considerata melensa e ‘disneyana’ anche quando Disney non c’entra nulla – per scoprire questa porta aperta sul meraviglioso, quel meraviglioso che il digitale finge di moltiplicare ma spesso in realtà uccide. Solo i mirabolanti e coloratissimi pupazzi creati dall’autore di La mia vita da Zucchina, Claude Barras, e la densità così speciale della stop motion, permettono infatti di dar vita alla storia del piccolo Icaro detto Zucchina. (…) in platea, verifichiamo una volta di più che per ritrovare la logica e la sensibilità assolute dell’infanzia, aprendosi ai sentimenti più forti e universali, nulla è meglio di questa forma d’arte potente ma anche ibrida e minoritaria (ci vuole una certa follia per mettere in cantiere film che richiedono 8 mesi di riprese, al ritmo di pochi secondi di ‘girato’ al giorno). Che però ripaga lo spettatore con emozioni impossibili altrimenti. Proprio la coesistenza tra la verità di voci e ambienti (i muri ricoperti da disegni infantili sono veri muri con veri disegni) e la stilizzazione dei personaggi permette infatti di restituire il giusto peso (il giusto impatto emotivo) a immagini, situazioni, conflitti che altrimenti ci sembrerebbe di aver incontrato mille altre volte. (…) gli adulti ridono e piangono come bambini. Ma i bambini veri conviene portarceli dagli 8-10 anni in su. Magari leggendo prima il bel libro omonimo di Gilles Paris (…) da cui tutto è nato.

Fabio Ferzetti – Il Messaggero

 

Con un’essenzialità tanto efficace quanto coinvolgente, La mia vita da Zucchina ha bisogno solo di pochi minuti (…) per trasportare lo spettatore in quel misto di malinconia e delicata comicità che è la chiave per entrare in questo capolavoro di animazione e di poesia dedicato all’infanzia e ai suoi temi più dolorosi. (…) è un film emozionante e bellissimo, dove anche i temi più duri vengono trattati con sensibilità e pudore, ma soprattutto mai con ipocrisia o superficialità (il che sconsiglia la visione ai piccolissimi). Una messa in scena molto controllata, con pochi movimenti di macchina e una durata media delle scene piuttosto lunga, oltre a quegli occhioni commoventi, innesca l’empatia e permette al film di affrontare temi anche urticanti senza cadere mai nel facile conformismo. Le brutture esistono al mondo e sarebbe sbagliato chiudere gli occhi: Barras sa però evitare il sensazionalismo o, peggio, il voyeurismo, perché su tutto il film, che affronterà anche la nascita del sentimento dell’amore (…), si stende un’atmosfera che si può definire «dickensiana», di testarda fiducia nella possibilità di risolvere i problemi e di rinfrancante ottimismo sull’esistenza della bontà.

Paolo Mereghetti – Il Corriere della Sera

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