1981: Indagine a New York (A Most Violent Year)
J.C. Chandor - USA 2014 - 2h 5’


  In un cinema che a volte dà l’impressione di inseguire solo le mirabilie digitali o il narcisismo autoriale, fa piacere abbandonarsi a un film che ti racconta una storia non infantile e lo fa con una professionalità inappuntabile fatta di attori che sanno recitare, di dialoghi credibili e di una messa in scena bella ed efficace. «Come una volta» verrebbe da dire, quando il cinema sapeva appassionare, divertire e lasciarti anche qualche spunto su cui riflettere. Arrivato al suo terzo film, dopo Margin Call (sulla crisi del 2008 a Wall Street) e All Is Lost (con Redford abbandonato nell’Oceano), l’americano del New Jersey J. C. Chandor sembra deciso a ripercorrere la strada dei grandi maestri di Hollywood, abilissimi nel passare da un genere all’altro senza farsi molti problemi ma capaci anche di non perdere di vista i temi che stanno loro a cuore. Nel suo caso - di sceneggiatore oltre che di regista - è la centralità della coscienza individuale, costretta a misurarsi con il cinismo dei banchieri nel primo film, diventata forza vitale e salvifica nel secondo e ora messa di fronte ai compromessi del successo e del guadagno.
È questo infatti il tema di
1981: Indagine a New York, titolo non proprio indovinato per A Most Violent Year, l’anno più violento, con evidente richiamo al picco di criminalità che colpì la città di New York in quell’anno, quando la crisi economica (anche conseguenza di quella petrolifera) avevano messo un freno all’espansione della città e della sua ricchezza. E proprio nel campo petrolifero lavora il protagonista del film, Abel Morales (Oscar Isaac) che insieme al matrimonio con Anna (Jessica Chastain) ha rilevato l’azienda di olio combustibile del suocero, finito in galera per i suoi metodi malavitosi. Abel, invece, coerentemente col suo nome biblico, vuole seguire un’altra strada, quella della legalità e della correttezza. Scelta difficile perché qualcuno sembra aver preso di mira proprio le sue autocisterne, che ruba e poi abbandona vuote. Un danno consistente per Morales, proprio quando sta progettando di acquistare un nuovo deposito che gli permetterebbe di fare il salto di qualità: il contratto che ha firmato lo obbliga a versare un milione e mezzo di dollari entro trenta giorni, pena la perdita del terreno e della caparra. Proprio quando i furti si fanno più frequenti e un ambizioso sostituto procuratore (David Oyelowo) lo vuole portare in tribunale per presunte irregolarità amministrative.
Il film corre allora su due binari. Da una parte il racconto di come i fatti precipitano, ognuno finendo per influire sull’altro, mentre il contagio della violenza sembra non fermarsi mai: è la parte più decisamente di genere, con belle contaminazioni nel film gangsteristico (anche se i colpi di pistola più esplosivi sono quelli contro un cervo) e uno straordinario inseguimento «minimalista», tutto giocato sull’assenza - di visibilità, di caroselli automobilistici - e filmato dal direttore della fotografia Bradford Young con ammirevole maestria. Dall’altra parte c’è la lotta di Abel con la propria coscienza, con la tentazione di scegliere la strada dell’illegalità o della violenza: ed è una strada che Morales scopre essere stata imboccata anche dalle persone che gli stanno più vicino, l’avvocato Walsh (Albert Brooks) e la moglie Anna, e che diventa concreta quando la scadenza dei trenta giorni si avvicina e la banca si rifiuta di concedergli il prestito già concordato. Due percorsi che naturalmente si intrecciano nella figura del protagonista e di cui Chandor mostra pian piano tutte le sfumature e contraddizioni: è questa l’idea forte del film, quella di raccontare da una parte la scoperta di un mondo molto più complesso e compromesso di quello che sembra (ce ne sarà anche per l’integerrimo assistente procuratore) e dall’altro di mostrare il prezzo che Abel deve pagare per rispettare il rigore morale che si è imposto, un prezzo che si tradurrà in una perdita di umanità raggelante e inquietante. E che Chandor filma con la semplicità e l’immediatezza del grande regista, che non ha bisogno di facili sottolineature né di melodrammatiche esagerazioni ma che sa far germogliare scena dopo scena da una regia attenta a non perdere mai di vista la concretezza del reale e la forza delle idee.

Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera






promo

Un thriller ambientato a New York nell'inverno del 1981, statisticamente uno degli anni più violenti nella storia della città. Terzo lungometraggio di J.C. Chandor (Margin Call) il film è interpretato da Oscar Isaac e Jessica Chastain e racconta di Abel Morales, un immigrato arrivato ad una buona posizione sociale che cerca di espandere la propria attività mentre la dilagante violenza, la decadenza e la corruzione minacciano di distruggere tutto quello che ha costruito e, soprattutto, mettono a dura prova la sua incrollabile fede nella giustizia. Tra Lumet e Scorsese un thriller teso e incalzante in cui i sani principi di un uomo comune si trovano a dover cedere il passo ad un puro istinto di sopravvivenza col rischio di compromettere ciò che si sa essere giusto e di debordare dalla “retta via”…

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