Alexandra
Aleksandr Sokurov - Russia 2006 - 1h 32'

     L'anziana signora si arrampica sul carroarmato, entra a fatica nell'angusto abitacolo, annusa il tanfo di ferro, cuoio, sudore, quindi imbraccia il kalashnikov scarico portole dal soldato, prende la mira, preme il grilletto. Mormorando tre parole, semplici e terribili: "Come è facile"...
Solo
film precedente in archivioAlexandr Sokurovfilm precedente in archivio poteva portare fino in Cecenia la grande cantante lirica Galina Vishnevskaya per girare il limpido ed emozionante Alexandra. È lei infatti la nonna venuta a trovare il nipote militare dopo tanti anni. Lei che si aggira in quel campo come una presenza aliena e rivelatrice. Lei che dorme nella branda, sostiene serena gli occhi indagatori dei soldati, li guarda curiosa mentre oliano le armi, preparano il rancio, fanno gli sbruffoni.
Mentre noi, anche se non vediamo mai la guerra ma solo qualche palazzo sventrato, anche se non sentiamo parlare di torti e ragioni, di morti e vendette, di Putin e di terrorismo, di colpo scopriamo una prospettiva nuova. È la guerra vista da una donna, per giunta anziana, dunque inadatta al mestiere delle armi. Ma capace di capire tutto guardando i piedi piagati del nipote, o facendo la spesa al mercato in città.
Naturalmente si può accusare Sokurov di opportunismo. Si può dire, in parte è vero, che così il regista de L'arca russa e di tanti film anche su Hitler, su Lenin, su Hirohito, elude i problemi più scottanti garantendosi l'appoggio dell'esercito e dei servizi segreti russi. Resta il fatto che Sokurov, figlio di militari, è andato davvero in Cecenia ("Per parlare con dignità di ciò di cui volevamo parlare bisognava fare l'esperienza del rischio") e che i volti e i paesaggi della Cecenia portano nel film la forza dirompente della verità. Una verità che non si ferma a quella regione, in guerra con l'impero fin dal 1817, ma è quella di tutte le guerre.
"Siete qui da troppo tempo, vi siete abituati, magari vi piace", dice la nonna ai soldati tornando dal mercato, dove invece si è scoperta incredibilmente vicina a una cecena. Anche se poi a parlare sarà di nuovo il suo corpo di donna, nello struggente finale che dopo un'aspra discussione la vede non solo riabbracciare il nipote ma farsi fare le trecce da quel soldato tornato di colpo vulnerabile. In un gesto di riconciliazione che sembra annullare ogni differenza di sesso, di età, di religione. E ci porta davvero lontano.


Fabio Ferzetti - Il Messaggero

 cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2008

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