Amores Perros
Alejandro Gonzalez Iñarritu - Messico 2000 - 2h 27'
[opera prima]

da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro)

     Premiato a Cannes, candidato all’Oscar, ecco un magnifico film messicano, opera prima di Gonzalez Inarritu film successivo in archivio, che intreccia nello spazio e nel tempo tre episodi di ordinaria disumanità concentrati in un incidente stradale. Fatto della pasta più sgradevole e più vera del cinema, adatto più ai cinefili che ai cinofili - ci vuole stomaco forte per le molte scene di cani feriti o in lotta - è una triplice storia in cui si amano e si odiano, nell’ordine: due fratelli coltelli con cognata in comune e cane violento e vittorioso, una modella che vive sulla sua pelle con un uomo sposato la sua nemesi e perde l’amato cagnolino, un ex guerrigliero che ora fa il killer e mette uno di fronte all’altro due uomini. Verrebbe da dire: un Buñuel che ha ripassato Tarantino, o viceversa; ma quel che colpisce è la passione silenziosa che agita il film in cui la città rimanda miasmi insostenibili. Da un regista che non fa sconti sul degrado, una discesa agli inferi con trovate geniali come quella del cagnolino che rantola nei sotterranei. Vita da cani, è la cosa più ovvia, per sintetizzare. Ma non si sa chi stia meglio o peggio: la similitudine è drammatica, non assolve l’autore alcun sistema di valori vigente, grazie ad attori straordinari.

da La Stampa (Lietta Tornabuoni)

     Città del Messico, la megalopoli spietata, sconfinata e sovrappopolata (oltre 11 milioni di abitanti tra centro e immediati dintorni) capitale del Messico, uno fra i grandi agglomerati urbani del continente americano e del mondo, mix di violenza, sottosviluppo, desolazione e energia, è il luogo dove si svolgono le tre storie di Amores Perros (Amori cani), film molto interessante, duro e originale diretto dal debuttante Alejandro Gonzalez Inarritu. Storie autonome però contemporanee, che hanno momenti di contatto senza conseguenze: secondo la tendenza attuale dei film corali, da America oggi di Altman (1993) a Magnolia di Anderson (2000). Un uomo non ancora vecchio era un guerrigliero: adesso è un barbone che prova struggente nostalgia per la sua famiglia d’un tempo e che occasionalmente fa l’assassino su commissione. Una bellissima modella va a vivere con un uomo sposato che l’adora ma che diventa impaziente, esasperato, tentato d’abbandonarla, quando per un incidente d’auto lei rimane invalida, senza una gamba, condannata alla sedia a rotelle. Due fratelli vogliono la stessa ragazza della quale uno è marito, l’altro amante: ma lei li tradisce tutt’e due. I protagonisti delle tre storie vivono con dei cani la cui esistenza parallela è peggiore della loro: il barbone è accompagnato da un gruppo di cani amici che finiscono massacrati da un cane più possente; la modella possiede, perde e rimpiange un cagnolino da compagnia che diventa la sua ossessione; uno dei due fratelli alleva un cane da combattimento e lo aizza negli incontri più sanguinosi. Stile aspro, netti contrasti tonali nella fotografia molto bella di Rodrigo Prieto, gran capacità di raccontare l’orrore esistenziale, crudeltà senza indulgenze, interpreti ben diretti: un’opera prima di forza e maturità davvero inconsuete.

i giovedì del cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2006

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Premiato a Cannes, candidato all’Oscar, ecco un magnifico film messicano, opera prima di Gonzalez Inarritu, che intreccia nello spazio e nel tempo tre episodi di ordinaria disumanità. Stile aspro, netti contrasti tonali nella fotografia molto bella di Rodrigo Prieto, gran capacità di raccontare l’orrore esistenziale, crudeltà senza indulgenze, interpreti ben diretti: un’opera prima di forza e maturità davvero inconsuete.