Théo Angelopoulos, lo sguardo (e)statico |
|
27 aprile 1935 – 24 gennaio 2012 |
Quanto
cinema (quanti film) di un regista bisogna aver visto per poter dire di
conoscerlo, di averne colto la sua linea d’autore, la sua poetica? Il caso
di
Théo Angelopoulos è
certo anomalo. È bastato ad una generazione aver assistito a
La recita
(1975) per sentirsi subito in sintonia con un mondo ed un modo narrativo
ed estetico unici e irripetibili. ezio leoni - ottobre 2012 |
La recita (O thiassos) |
Le
peregrinazioni di un gruppo di attori girovaghi (i cui membri hanno i nomi
dei personaggi del mito degli Atridi: Elettra, Egisto, Pilade, Oreste...)
che mettendo in scena il dramma ottocentesco di Peresiadis Golfo la
pastorella si intrecciano - senza nessun tipo di ordine cronologico - con
la storia della Grecia dal 1939 al 1952: la dittatura del generale Matexas,
l’attacco italiano e l’occupazione nazista, la violenza subita da Elettra,
la vendetta di Oreste che uccide la madre e il suo amante, la resistenza
che prosegue anche dopo la fine della guerra contro le forze d’occupazione
angloamericane, il matrimonio della sorella di Elettra con un soldato
statunitense, la vittoria della destra e la restaurazione del generale
Papagos. |
Dizionario dei film – a cura di Paolo Mereghetti |
Paesaggio nella nebbia (Topoi
stin omihli) |
![]() |
Leone d'argento a VENEZIA |
...Scritto da Anghelopoulos con l'aiuto, fra l'altro, di Tonino Guerra, il film è la storia di una iniziazione, lunga, lenta, dai solenni ed ampi movimenti di macchina, dai paesaggi che si trasformano magicamente sotto gli occhi dei due ragazzini, ed ha una “tenuta” formidabile. Poiché splendide sono le invenzioni visive in cui sono frequenti i riferimenti al precedente cinema di Anghelopoulos, con addirittura delle citazioni. E il cinema si fa strumento della metafora finale: dalla spazzatura i due piccoli hanno raccolto uno spezzone di pellicola illeggibile, annebbiata. “Se voi guardate attentamente - dice loro un giovane attore che li aiuta - dietro la nebbia potrete vedere un albero”. Quando i ragazzi approdano sulla sponda del paese straniero, la nebbia che avvolge il paesaggio si dirada ed appare un grande albero, maestoso, solitario, drammatico. Poiché la fiaba non è consolatoria, l'apprendistato per la vita è duro (in tutto il film non c'è un raggio di sole, un cielo sereno); eppure occorre credere ai sogni, andare avanti. Il film conclude con Voula che, per farsi coraggio, prega: “All'inizio c'erano solo le tenebre”, e con Alexander che, prendendole la mano, continua: “Poi la luce si separò dalle tenebre”... |
Ermanno Comuzio – Cineforum |
Lo sguardo di Ulisse (To
vlemma tou Odyssea) |
![]() |
Gran Premio della Giuria a CANNES |
A. (Harvey Keitel), regista greco, torna in patria per la prima di un suo film e per cercare tre bobine di un negativo (Le tessitrici) impressionato nel 1905 dai fratelli Maniakas, pionieri del cinema, girovaghi nei Balcani. Il suo viaggio di ricerca attraversa Albania, Macedonia, Bulgaria, Romania e approda alla straziata Sarajevo dove l'attende un anziano cinetecario (Erland Josephson) con il mitico reperto. (La parte era destinata a Gian Maria Volonté, morto dopo pochi giorni di riprese.) Capolavoro imperfetto? Nella malinconica liturgia solenne del suo cinema di riflessione sulla Storia le pagine opache non mancano, ma le pagine riuscite sono di alto livello, e più numerose. Scritto con Tonino Guerra e Petros Markartis, il 10° film di Anghelopulos conferma che questo regista isolato, peculiare e inimitabile è uno dei pochi cui si può attribuire la qualifica di “europeo”. Non c'è ritorno a Itaca per il suo Ulisse: l'epica sfocia in tragedia. Lo sguardo innocente dei pionieri del cinema è perduto per sempre. |
Il Morandini - Dizionario dei Film |
Moderna odissea di un intellettuale alla ricerca delle proprie radici professionali e storiche, il film di Anghelopulos (sceneggiato insieme a Tonino Guerra) è «il viaggio di una coscienza smarrita che incontra coscienze altrettanto smarrite». inguale e frammentario, il film ha momenti di grande commozione (il trasporto via fiume di un'immensa statua di Lenin osservata lungo le rive da una folla silenziosa di ex «sudditi» o il massacro della famiglia del conservatore della cineteca, fatta sentire ma non vedere, per sottolineare ancora di più la «cecità» del mondo di fronte a quella guerra), ma anche troppe concessioni a un’idea di cinema autoriale che lo porta a ricostruire tutto o quasi e che finisce per mostrarci una Sarajevo «falsificata» ripresa un po’ a Mostar e a Vukovar e un po’ rifatta in studio (così come l'idea di far interpretare dalla Morgenstern tutte le donne che A. incontra sulla sua strada non è particolarmente originale). Ma l'idea di chiudere il film su una non-fine è comunque un atto di coraggio. Gran premio della giuria a Cannes, accolto dal regista con la smorfia di chi si aspettava la Palma d’oro. Il ruolo del conservatore della cineteca era stato pensato per Gian Maria Volonté, morto dopo troppo pochi giorni di riprese perché potesse essere presente nel film, che comunque è dedicato alla sua memoria. |
Dizionario dei film – a cura di Paolo Mereghetti |
L'eternità e un giorno (Mia
eoniotita ke mia mera) |
![]() |
Palma d'oro a CANNES |
Un famoso scrittore lascia la sua casa di Salonicco per recarsi in auto all'ospedale da dove forse non uscirà più. L'incontro con un ragazzino albanese, lavavetri clandestino, lo toglie per qualche giorno dalla solitudine; il ricordo della moglie morta lo riporta a un passato troppo dedicato a sé stesso e al lavoro, troppo poco al suo prossimo. Scritto con Tonino Guerra e Petros Markaris, con la fotografia dell'abituale Yorgos Arvanitis e di Andreas Sinanos, l'11° film di Anghelopulos - Palma d'oro al 51° Festival di Cannes 1998: un altro premio in ritardo - è un esercizio di maestria poetica che scade nel poeticismo per accumulo di metafore, temi, suggestioni. Troppa letteratura: la figura incongrua del Poeta ottocentesco che compera le parole; il susseguirsi di finali nell'ultima parte fino alla scelta di quello più ideologico. Il che non impedisce allo spettatore capace di attenzione, ascolto e abbandono a ritmi inconsueti di ammirarne l'alto splendore figurativo e alcune sequenze memorabili come quella del rito funebre per il piccolo Selim. |
Dizionario dei film – a cura di Paolo Mereghetti |
cinema
invisibile
LUX
ottobre-dicembre 2012