Benvenuto Mr. President (Gori vatra)
Pjer Zalica - Bosnia-Herzegovina/Austria/Turchia/Francia 2003 - 1h 36'

Pardo d’argento - LOCARNO 2003


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da Il Messaggero (Fabio Ferzetti)

      A qualcuno sembrerà cinico, ma dopo le guerre fioriscono commedie strepitose. L’ultima viene dalla Bosnia e l’ha diretta un documentarista che non potendone più di orrori e disperazione ha deciso di raccontare la nuova realtà del suo paese come se fosse un film di Altman, una di quelle commedie corali zeppe di tutto, personaggi, appetiti, manie, che rovesciano il tragico in comico per portarti verso epiloghi più neri del nero.
Nella gran folla di personaggi spiccano un sindaco, un pompiere e un ruffiano, tutti abitanti nella stessa cittadina fra i monti della Bosnia. Ma siamo nel 1996, la guerra è finita o almeno così sembra, e a benedire la pace sta per arrivare nientemeno che Bill Clinton («Clinton? Ah certo, il cantante rock!», dice un poliziotto beninformato). Così il sindaco si preoccupa di ripulire la città da tutte le magagne, e non sono poche; il pompiere ritrova l’amata fuggita in Germania durante la guerra, ma non fa a tempo a riabbracciarla che la poveretta salta su una mina; mentre il ruffiano si dà un gran da fare per riconvertire i suoi traffici in attività gradite al pool di osservatori internazionali che setacciano la città senza vedere quasi nulla.
Ed ecco che l’allegro bordello locale con busto di Tito all’ingresso diventa un improbabile “Centro per la Riconciliazione Etnica” tutto attività sportive e fanciulle danzanti in abiti folk; mentre il sindaco affitta pro tempore un pittoresco gruppo di contadini “reintegrati” all’odiato collega di un vicino paesino serbo. E il vecchio padre del pompiere, poliziotto in pensione, a forza di parlare col fantasma dell’altro figlio, disperso in guerra, perde definitivamente la trebisonda proprio quando è giunto il gran giorno...
Naturalmente è perlomeno curiosa la coincidenza fra la visita di Bush a Roma e l’uscita di
Benvenuto Mr. President (Pardo d’argento all’ultimo festival di Locarno). Ma è inutile ricamare su inesistenti analogie, il film si impone per le sue qualità. Per la bravura di attori sconosciuti e dotati di facce straordinarie, facce che sanno di cinema italiano anni ’50; perché sa condensare in una battuta o in una gag sia l’odio etnico sia la sempre possibile riconciliazione, magari all’insegna dei pannolini per neonati; perché non lancia “messaggi” ma crea personaggi che vivono di vita propria conciliando il sogno e l’humour noir, la passione e il disincanto. La tragedia della Storia e la commedia della vita.

TORRESINO - giugno 2004