Britannia Hospital
Lindsay Anderson - Gran Bretagna 1982 - 1h 42'

  • Britannia Hospital, uno dei complessì sanitari più grandi ed efficienti del Regno Unito: 53 padiglioni, 1500 letti, 500 anni dì attività. Per la ricorrenza è attesa la visita della regina, tutto è tirato a festa ed è pronta l'inaugurazione del nuovo Centro di Ricerche Mediche. Il direttore, dott. Millar, è un chirurgo folle e geniale, nella tradizione di Frankenstein, ha una stanza-congelatore fornitissima di parti anatomiche ed è ormai pronto alla grande opera di 'composizione'. L'atmosfera di eccezionalità è colta da un avventuroso reporter, Meek Travís, vero mercenario massmediologico, che tenta in tutti i modi di rubare immagini con la sua míniaturizzata telecamera-revolver...
    Ma torniamo ai preparativi del cerimoniale, che trovano intanto gravi intoppi: un gruppo di dimostranti sosta ai cancelli contestando il privilegiato trattamento dei pazienti privati, gli stessi lavoratori del complesso ospedaliero si uniscono alla protesta e ad infuocare la situazione arriva a capeggiarli un fanatico estremista di colore. Anche nella modernissima ala chirurgica la vicenda si la drammatica quando Travis arriva ad introdursi nei reparti riservati e viene scoperto dall'équipe di Millar: il grande scienziato, tutto preso dalla sua opera ("operazione Dio"), prima lo rende innocuo con un'iniezione, poi addirittura lo decapita al fine di poter disporre di una "testa fresca" per il suo orripilante "uomo riplasmato".
    La sequenza risolutiva dell'intervento chirurgico è una vetta di indimenticabile grand guignol ed anche il contrasto tra ribelli e legalità si apre a pregevoli spunti di orchestrato sarcasmo: i collaboratori di Travis che vengono massacrati dalla folla impazzita, il disgusto scandalizzato dei dignitari di corte ("è la plebaglìa dello stato assistenziale"), lo scontro tra i dimostranti e le forze dell'ordine (col brutale cazzotto alla ragazza che porge il fiore), l'intraprendente cinismo dei responsabili del Britannia disposti a tutto purché la cerimonìa abbia luogo, l'arrivo della regina e dei suoi accoliti sulle ambulanze, camuffati da feriti, il panico dei notabili ammassati alle porte del nuovo padiglione, il compassato stupore che pervade alfine tutti di fronte all'estremo, fantastico segreto del prof. Millar, il progetto Genesi, un enorme cervello elettromeccanizzato che rappresenta il futuro dell'umanità, davvero super-efficiente ed "incerto" come il nostro destino.

Molteplici gli stimoli dì un film caustico e frizzante come Britannia Hospital, a cominciare dall'ambigua potenza del progresso scientifico che sembra fare a gara, in devastante pericolosità, con la brutale insania degli scontri (in)-civíli. Il fanatico prof. Millar ha l'eleganza umanistica del Casanova di Fellini, maggior truculenza nel rammendo dei molteplici Frankenstein, una visionarietà apocalittica degna del dott. Stranamore: il suo discorso finale appesantisce una struttura ritmica impeccabile e gorgogliante ma cuce a perfezione le sue paranoiche sperimentazioni con la balordaggine e le meschinità del meccanismo sociale. Come non essere inorriditi dal sangue che sprizza a fiotti dal corpo rattoppato, ma come non restare a bocca amara per il sorriso ebete dell'imbellettata sovrana di fronte a qualsiasi evento? Uno splendido percorso iniziatico di lettura è costituito dal filo massmediologico che collega in apertura le varie sequenze e i vari personaggi (automobile- ascensore-televisione-telefono-citofono), così come merita una seria analisi la drastica "esecuzione del mezzo televisivo", simbolizzato da Travis e dai suoi collaboratori, sia da parte dell'elitarismo borghese (il riserbo di classe, la privacy scientifica), sia dalla violenza della massa scatenata (l'odio per l'asservimento capitalistico dell'informazione).
Non dimentichiamo infine il simpatico impasto dei generi (grottesco e sociale in primo piano) e il sempre affascinante nonsense dell'humor britannico: valga per tutte la battuta sull'allevamento di galline e pulcini "incubatrice deriva da incubo. Appena nati subito sì domandano: possibile che sia proprio un pollo?".

ezio leoni - Espressione Giovani - marzo-aprile 1983

Soggetto: Davìd Sherwin. Fotografia: Mike Fash. Musica: Alan Price.
Interpreti:
Malcom McDowell, Leonard Rossiter, loan Plowright, Graham Crowden, fili Bennet, Marsha Hunt.
Produzione:
Belling e Parsons. Distribuzione: EMI Film.

 

   Lindsay Anderson è uno dei grandi registi inglesi del dopoguerra (ma, per la precisione, è nato a Bangalore-India, anno 1923) e va considerato in particolare tra i capostipiti (se non "il capostipìte") del free-cinema britannico. Co-fondatore della rivista di critica cinematografica Sequence, egli rivisita la scuola documentaristica di Grierson, legandosi dinamicamente alla contemporaneità sociale con una proposta interpretativa del concetto di fiction strettamente finalizzata ad una rappresentazione vibrante del reale: i suoi reportage filmati si segnalano, fin dal 1953, per l'acuta visualizzazione di concrete tematiche civili Wakefield Express, 0 Dreamtand, sul mondo "caratteristicamente urbano" di un lunapark, Thursday's Children (1954, vincitore di un oscar per la capacità di rappresentare le difficoltà dell'insegnamento in un istituto per sordi), Every Day Except Christmas (1957, un vivace servizio di mercati del Covent Garden), March to Aldermaston (1959, su una grande manifestazione per il disarmo nucleare), mentre prende corpo l'attività teatrale che sarà la base dei suo impegno registico.
Da teorico arrabbiato, Anderson si schiera alfine (1963) anche nella pratica al fianco di Richardson e Reisz con il suo primo lungometraggio This sporting life (Io sono un campione): storia di un minatore assunto ad idolo del rugby, ma destinato ad un'amara delusione sentimentale e sociale, è un'opera sincera e vigorosa, lucida espressione del cinema inglese di quegli anni. Anche la prova successiva di Anderson è un classico segno dei tempi (così come la saltuarietà della sua attività cinematografica è sintomo di una particolare ed inquieta personalità autoriale). Se... (If...), del 1968, è sferzante, provocatoriamente inconcludente: cosa accadrebbe se la prorompente carica ínteriore dei giovani studenti inglesi (ora non più solo "arrabbiati", ma dichiaratamente contestatori) sconfinasse nell'aggressività e nella violenza delle armi (magari in un impeccabile college di Eton)?
L'apologo dissacrante e aperto ritrova accenti, frammentari, in 0 Lucky Man (1973), candidamente sarcastico, che fa da collegamento tra le intemperanze di If... e quelle del recente Britannia Hospital (1982), anche tramite la presenza costante del personaggio di Travis, in ruoli di continua evoluzione, ma sempre personificato nell'emblematica figura dell'attore Malcom McDowell.
Nel mezzo della carriera di Anderson vanno a conclusione segnalati il mediometraggio The White Bus ('metafora in chiave satirica della vita inglese), In Celebration (1975, con Alan Bates) di cui si sa ben poco, una metalinguistica comparsata come attore in Momenti di gloria (era - lui! - l'austero notabile di un distintissimo college), e la pubblicazione di un accurato e piacevole saggio su John Ford (About Ford, 1981).

ezio leoni - Espressione Giovani - marzo-aprile 1983