Camille Claudel
Bruno Nuytten - Francia 1988 - 2h 50'

e.l. pieghevole LUX  marzo-aprile 1990

     Cinque Cesàr, un Orso d'oro a Berlino, due candidature all'oscar (miglior film straniero e migliore interprete femminile)...  Camille Claudel è un film difficile solo per l'insolita durata; per il resto è l'espressione intensa e figurativa di una passione d'artista.
   Camille è fin da giovane una ragazza intraprendente, di evidente bellezza e promettente talento. L'incontro con Auguste Rodin le indica, aristicamente parlando, "dove trovare l'oro", ma la coinvolge pure in un dramma d'amore che le sconvolge l'esistenza. Sarà proprio il fratello Paul, celebre poeta e drammaturgo, a farla rinchiudere per tutta la vita in un manicomio. Luci ed ombre di un esistenza fuori dell'ordinario, che negli ultimi anni ha suscitato celebrazioni e studi: ultima la biografia di Reine Maries Paris da cui il film è tratto e nella quale Isabelle Adjani si è immersa con straordinaria emotività recitativa. Grazie a lei l'impeto artistico della scultrice sembra davvero rivivere e la rappresentazione cinematografica ricrea un'atmosfera vibrante, "maledettamente" ricca di fascino.
 

da Cineforum (Mariachiara Pioppo)

     "Un mistero in piena luce": così Paul Claudel definisce la sorella Camille poco prima di rinchiuderla in un manicomio, dove rimase fino alla morte (avvenuta nel 1943). E così Camille appare agli spettatori nel film che narra la sua vita. Dal primo incontro con il maestro Rodin all’ultimo disperato gesto di rabbia (la distruzione di quasi tutte le sue opere), il personaggio di Camille Claudel deriva la sua complessità dall’impetuosità della sua ispirazione artistica e dagli eccessi melodrammatici della sua esistenza. Nel ricreare la figura della scultrice il regista è ricorso allo stereotipo classico dell’artista che conosce, quale sua unica religione, quella dell’arte e che dedica la sua vita al culto dell’arte pura. I simboli della ribellione artistica compaiono uno dopo l’altro nel film e la "degenerazione" di Camille, causata, da un lato, dalla fine della sua storia d’amore con Rodin e, dall’altro, dal non vedere riconosciuto il suo genio (era considerata una semplice seguace del maestro), è sottolineata dal suo progressivo ricorso all’alcol, dalla scelta dell’isolamento e dalla sua sempre più manifesta pazzia. Il rifiuto delle regole della società, caratteristico anch’esso dell’artista "maledetta", si manifesta in Camille contemporaneamente all’affermarsi del suo precoce talento ed è esemplificato dal rapporto conflittuale con la madre, "incarnazione" della morale borghese.
Nuytten, sospeso tra "maledettismo" e melodramma crudele, non sembra, quindi, esprimere un’idea davvero originale nella sua interpretazione del genio artistico di Camille Claudel, quantunque la messinscena da lui elaborata e la struttura spettacolare del suo film siano decisamente accattivanti... Nella Parigi bohémienne di fine secolo, Camille è circondata da numerosi artisti: accanto a lei vediamo il musicista Claude Debussy, il suo amante e maestro Rodin, "scultore professionista di fama indiscussa" (come egli afferma), che sembra aver perso il piacere di scolpire una volta raggiunta la celebrità, e il fratello e scrittore Paul. Nei confronti di Camille Paul nutre segretamente un desiderio di rivalsa, pur essendo a lei legato da un rapporto tenerissimo e pur apprezzando la sua arte. La conversione di Paul al cristianesimo, da lui considerato una fonte di ispirazione e un aiuto morale, e i suoi tormenti artistici attribuiscono, per antitesi, maggior rilievo all’indipendenza assoluta della sorella, che, come lei stessa dice, riuscirà da sola ad essere se stessa (...).


i  lunedì del  LUX - maggio 2003