La casa della gioia (The House of Mirth - 2000)
Terence Davies - USA 2000 - 2h 15'

da Il Giorno (Silvio Danese)

Dal più celebre romanzo di Edith Wharton, The house of mirth, un'operazione nuova per il regista inglese di Liverpool Terence Davies, elegiaco narratore della sua biografia d'adolescente sognatore vessato (Terence Davies Trilogy, Voci lontane sempre presenti), celebre tra gli habitués dei festival, meno noto al pubblico delle sale. Si accosta a un modello di cinema in costume elegante e didattico, fissato dai successi di James Ivory, per contraddirlo, riscriverlo e superarlo. E' la storia di Lily Bart (la Gillian Anderson di X Files), nei primi del '900, signorina dei nuovi quartieri residenziali di New York, ancora nubile. Protetta da una zia ingenerosa che poi l'abbandona, respinta da un amante che non si reputa sufficientemente ricco (il fulvo Eric Stoltz), vive l'arbitrarietà del "favore" e dell'amicizia in una società neoborghese dove una donna non è nessuno se non al seguito di un uomo (sicuri che oggi non ci riguardi più?). Davies concede libertà di espressione ai suoi attori, dilatando i tempi, descrivendo le strategie, ottenendo finalmente una verità critica che Ivory se la sogna. Storicamente istruttivo. Idealmente incisivo.

da La Repubblica (Irene Bignardi)

... Terence Davies riesce ad essere se stesso (e quindi poetico, aspro, originale) anche affrontando il romanzo della Wharton il cui titolo enigmatico e contraddittorio rispettoalla storia pochissimo gioiosa che racconta è un concentrato dell'amara ironia che scorre nelle sue pagine (viene dall'Ecclesiaste). E ci dà un piccolo gioiello. Anziché scegliere la strada della fluidità narrativa, Davies disarticola le pagine del bestseller d'epoca, ne estrae altrettante scene concluse, teatralizza la cornice e fa di ogni quadro una tappa emblematica, mai gratuita, della caduta dell'innocente Lily Bart. Che cade, fino alla sua tragica fine, perché bella, elegante, ben abituata e improvvisamente povera, si ritrova a vivere secondo regole che non riesce a rispettare, virtuosa ma troppo spontanea, incapace di adeguarsi all'idea di un matrimonio di interesse ma anche a quella di un rigore cui non è usa, troppo ben educata per riuscire a vivere lavorando, troppo bella per non essere pericolosa, troppo ingenua per non attirare gli avvoltoi. Come in un altro bel film ispirato della Wharton, L'età dell'innocenza, anche qui la storia suggerisce letture che vanno al di là del testo, e il gioco degli interdetti sociali, dei tabù amorosi, delle regole mafiose di un mondo andato in frantumi, ci tocca per quello che anticipa di altri tabù e altri interdetti.... Davies si conferma un autore anche lavorando al servizio di un mondo lontano da lui.

promo

Dalla quotidianità intimista di Voci lontane sempre presenti al dramma sociale, tra mondanità e belletti della raffinata New York dei primi del novecento. Di Edith Wharton Scorsese aveva già portato sullo schermo L'età dell'innocenza, anche per The House of Mirth Davies affianca al corpo narrativo del romanzo una rivisitazione cinematografica elegante e incisiva.

TORRESINO - febbraio 2001