I figli degli uomini (Children of men)
Alfonso Cuaròn - Gran Bretagna 2006 - 1h 54'


Venezia 63° - Concorso

     Con Children of men approda a Venezia la fantascienza: raramente però siamo stati messi di fronte ad una visione così realistica del presente. A conferma di ciò l’eclettico regista – autore di Y tu mama tambien ma famoso specie per il suo Harry Potter e il prigioniero di Azkaban – rivela che la storia lo ha colpito proprio perché permette di ragionare sui problemi di oggi. Il film è tratto da un romanzo della scrittrice P. D. James (sì proprio la regina del giallo inglese, "madre" dell’ispettore Dalgliesh) che ambienta la sua storia in un non lontano futuro (2027), in cui la razza umana è ormai in via d’estinzione, poiché da tempo nessuna donna rimane più incinta.

Nel Children of men di Cuarònfilm successivo in archivio siamo a solo una ventina d’anni dal presente (contro i trenta del romanzo) ma i nodi della nostra civiltà sono arrivati al pettine: l’invecchiamento della popolazione, il degrado ambientale, le tensioni sociali, il problema dell’immigrazione sono bubboni ormai scoppiati. In una Londra grigia e sporca terroristi di opposte fazioni si fronteggiano come in un campo di battaglia, mentre immigrati provenienti da tutti i paesi (anche quelli che oggi si sentono al sicuro) guardano atterriti da dietro le sbarre dei lager costruiti per tenerli “ al di fuori”. In questo scenario si muove Theo (Clive Owen), anti-eroe depresso e statico ("Il protagonista avrebbe oggi venti anni – dice il regista - e sarebbe forse uno di quei ragazzi che frequentano i centri sociali; quando lo incontriamo ha ormai perso ogni illusione e motivazione, non ha più carica e si muove solo perché spinto a farlo"), costretto suo malgrado dalla ex moglie (Julianne Moore) a difendere la prima donna finalmente rimasta incinta e con lei l’unica speranza di vita del mondo.

In un quadro così cupo e asfittico porta un po’ di vitalità e umorismo Jasper, l’eccentrico personaggio interpretato da Michael Caine, un tempo compagno di battaglie civili del più giovane Theo. Vecchio hippie capellone, Jasper continua a coltivare cannabis nella casa in mezzo ai boschi in cui si è rifugiato. A differenza di quello di Theo il suo disincanto non è amaro: la distanza dalle contraddizioni del mondo lo rende più acuto, ma rimane in lui una adorabile leggerezza, forse grazie alla linfa che natura e cultura gli procurano nella sua piccola oasi. Una leggerezza che manca del tutto a Theo.

 "Non è stato facile interpretare un personaggio così passivo – ammette Clive Owen – sempre riluttante, eppure costretto costantemente ad andare avanti". La costruzione del personaggio di Theo, a cui Owen ha attivamente partecipato, va tutta in questo senso, con particolari e scene che cercano di mantenere il protagonista in una prospettiva umana: quella in cui realisticamente spesso si è inadeguati a fare ciò che la situazione richiede. La sua particolare connotazione ha un senso anche in relazione alle scelte di linguaggio operate dal regista: esse portano a spostare l’attenzione dai personaggi e dalle loro vicende verso lo spazio che li circonda. Se è vero che Theo è presente in ogni scena, è anche vero che spesso è inserito nel quadro come un elemento fra gli altri, spesso di spalle, talvolta in modo così marginale da essere perso di vista. La camera a mano esplora la realtà in lunghi piani-sequenza: lo spettatore si trova immerso inaspettatamente - e non senza un brivido - nelle situazioni e nei luoghi dei conflitti contemporanei, avvolto in immagini terribili che ben riconosce, perché sono quelle che le televisioni del mondo ci inviano dall’Iraq, dalla Bosnia, dalla Palestina.
Al di là della conclusione della storia, solo in parte prevedibile e che non è il caso di anticipare,  il pregio del film è forse questo: aver ben usato la chiave della fantascienza per dare uno sguardo ravvicinato alla tragicità del presente, che tendiamo spesso ad eludere.

Licia Miolo - MC magazine 18  ottobre 2006

 

promo

In un futuro non troppo remoto (Londra, 2027) la razza umana è a rischio di estinzione. Le donne non partoriscono più e il potere cerca di vincere la grande paura con una crudele dittatura. Quando ogni speranza sembra perduta, una bella ragazza nera resta miracolosamente incinta...
Il fascino mozzafiato del fantafuturo, l'angoscia di una cupa riflessione sociale. scommette su una società futuribile che si affidi al miracolo (laico) di un’integrazione salvifica. Uno script orwelliano e un inebriante lavorio alla macchina da presa. Un film imperfetto ma memorabile!

TORRESINO dicembre 2006
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