La comune (Kollektivet)
Thomas Vinterberg - Danimarca 2016

BERLINO 66 - Orso d'argento/Premio speciale della giuria

    Per chiunque fosse abbastanza giovane, possibilmente studente e di sinistra tra gli anni '60 e '70, la "comune" è stato un mito. Si trattava non soltanto di sottrarsi alle regole e imposizioni parentali, ma anche alla noia e alle ipocrisie della coppia chiusa tradizionale, inventandosi appunto una convivenza di dieci o più persone, uomini, donne e bambini, basata sullo scambio e condivisione egualitari di introiti, funzioni, esperienze. Una nuova cellula di socialità, utopica e tendenzialmente comunista. Tutti ne parlavano, pochi l'avevano provata, nessuna durava, soprattutto quando, oltre alla ripartizione delle spese e del lavaggio dei piatti, si andava a mettere mano nella condivisione del sesso e/o dei sentimenti! Probabilmente assai diversa era la situazione negli Stati Uniti, dove, in effetti, l'esperienza delle comuni, in genere di carattere "musica, droga, esclusione sociale, pseudo-religiosità", è stata più importante e diffusa (basti pensare alla tragica esperienza legata al nome di Charlie Manson).
Tutt'altra cosa è questa comune,
Kollektivet, che il bravo regista Thomas Vinterbergfilm precedente in archivio porta a Berlino, basandosi, dice, su un'esperienza autobiografica. Dichiara infatti in un'intervista che lui stesso avrebbe vissuto (nientemeno che dai 7 ai 19 anni!) con i suoi genitori ed un gruppo di loro amici intellettuali in una grande casa vicino a Copenhagen. Diamogliela per buona, anche se riesce difficile credergli. D'altra parte, si sa, i ricordi d'infanzia… e soprattutto siamo in Danimarca.

Nel film seguiamo la vicenda del professor Erik (Ulrick Thomsen) e della moglie giornalista Anna (Trine Dyrholm), i quali, ereditata una casa in campagna e trovandola troppo grande per le necessità loro e della figlia teenager Frieda, decidono di invitare cinque coppie di amici di variegata estrazione sociale e diverse possibilità economiche a vivere insieme a loro.Lasciando da parte l'incongruenza generazionale (in genere l'idea della comune affascinava i ventenni, mentre qui sono tutte persone relativamente mature tra i trenta e i quarant'anni), il film dopo alcune schermaglie tra reciproca conoscenza, suddivisione dei compiti e qualche birra di troppo, prende subito una direzione centrifuga. Il professor Erik si innamora di una bella, intelligente e giovanissima allieva e pretende, o meglio chiede l'approvazione di tutti, dato il clima pseudo-libertario, di portarla a vivere sotto lo stesso tetto; Anna prima ci sta, poi no, lacrime, drammi, litigi. Gli amici si dividono, fuga della protagonista, conclusione dell'esperienza. In pratica, il film si riduce al trito triangolo lui, lei, l'altra, solo in un'ambientazione diversa (quella della comune) del tutto superflua e incoerente.
In controtendenza rispetto all'ottimo Il sospetto, sul dramma di un professore ingiustamente accusato di pedofilia,
Kollektivet, che voleva essere il ritorno del regista alla realtà danese, rappresenta certo un passo falso nel percorso di Thomas Vinterberg, artista peraltro ondivago e reduce da esperienze commerciali in Inghilterra e USA, tipo Via dalla pazza folla o il musical It's all about love. Soprattutto impietoso risulta il confronto con quello che resta il suo capolavoro, Festen del 1999, quello sì ritratto profondo e disturbante di una famiglia danese.
Per l'interpretazione di Anna, Trine Dyrholm ha poi ricevuto il premio come miglior attrice, decisione anche questa opinabile, c'erano altre candidate più meritevoli, basti pensare alla Sandrine Kiberlain di Quand on a 17 ans. Unica buona notizia: nella stessa intervista, Thomas Vinterberg ci mette al corrente del suo prossimo progetto di ambiente danese, si chiamerà Drunk e sarà una lettera d'amore all'alcol, di cui, dichiara, tutti hanno sempre messo in evidenza solo gli effetti negativi…

Giovanni Martini - febbraio 2016 - pubblicato su MCmagazine 39