I corpi estranei
Mirko Locatelli - Italia 2013 - 1h 38'


  Arrivato dall'Umbria a Milano con il treno della speranza, Antonio (Filippo Timi) porta in braccio il suo bambino Pietro, pochi mesi e una grave malattia da curare. Sono soli ad affrontare la grande avventura: la mamma di Pietro è rimasta a casa con gli altri fratellini.
Nell'ospedale specialistico incontra Jaber (Jaouher Brahim), maghrebino 15enne che nel capoluogo lombardo è migrato fuggendo dai tumulti della Primavera Araba. Anche lui ha un malato da assistere: si tratta dell'amico Youssef, affetto da una malattia simile a quella di Pietro. Inizialmente reticente a fidarsi, Antonio scopre in Jaber un'anima parallela con cui dialogare in un non-luogo di dolore e speranza come l'ospedale.
Film dichiaratamente sulla dignità e il pudore, il secondo lungometraggio del milanese Locatelli supera questi temi andando a "pungere" con ostinazione ogni sentimento appartenga a chi si affida ciecamente e in solitudine alla speranza, estraneo al contesto in cui questa viene ricercata. Un'opera dunque ambiziosa, condotta senza mezze misure narrative e linguistiche. Forse troppo "frontale" e onnicomprensiva (si parla di diversità, pregiudizi, ignoranza, incomunicabilità...) per essere totalmente credibile, ma in ogni caso ammirabile per il coraggio dimostrato.

Anna Maria Pasetti - Ciak

 Per Filippo Timi il corpo è tutto: prigione, tormento, limite, arte. È uno di quegli attori che fa del corpo il suo strumento di lavoro, la sua figura massiccia e malinconica ha un'identità così forte che occupa lo spazio emotivo circostante. In Corpi estranei questo diventa così evidente da commuovere. Solo, in scena, per la maggior parte del tempo, l'attore lascia alla sua nuca inclinata, ai movimenti goffi, ai gesti rozzi il compito di raccontare la solitudine, la fragilità, la chiusura al mondo di Antonio, un operaio umbro che in un ospedale milanese assiste il suo bambino malato di cancro al cervello. Il regista Mirko Locatelli, qui alla seconda prova, la malattia la conosce bene: è tetraplegico, dirige su una sedia a rotelle, ma non indugia mai nella commiserazione. Le parole d'ordine sono dignità e pudore. E la dolcezza e la solidità di Timi riconciliano con la figura del «padre», in un cinema che spesso lo descrive come un eterno Peter Pan.

Federica Lamberti Zanardi - il venerdì di Repubblica

 Antonio è un padre solo a Milano, dove è appena arrivato per curare il suo bambino. Ricoverato in un centro oncologico, Pietro ha un anno e deve essere sottoposto a un delicato intervento. Chiuso col suo bambino nella stanza numero sei, Antonio scambia molte parole con la moglie al telefono e poche battute con gli infermieri nei corridoi, dove si aggira introverso e osservato da Jaber, un adolescente tunisino in visita a un caro amico malato. Addolorato dalla malattia di Pietro e incuriosito dai silenzi di Antonio, Jaber lo avvicina per offrirgli parola e conforto. Ma Antonio, arrivato dalla provincia umbra, non apprezza gli sguardi e le attenzioni del ragazzo, a cui risponde scontroso e laconico. Jaber è 'arabo' e diverso, troppo diverso da lui, che arroccato nel suo dolore e nella sua ostilità crescente assume un atteggiamento di aperto rifiuto. L'ostinazione di Jaber e la degenza di Pietro avranno però la meglio sul suo individualismo. Finalmente 'carico' solleverà lo sguardo.
Ascolta Isoradio l'Antonio di Filippo Timi mentre procede verso Milano o quando si concede una pausa dall'ospedale, così sa sempre quale strada infilare e quale evitare. La praticabilità è tutto per Antonio, specialmente adesso che il suo bambino è malato. Più di tutto ha bisogno di sapere che la guarigione è attuabile e che la via intrapresa è sgombra da ostacoli. Ma ci sono eventi che capitano e di cui non possiamo essere informati. Collisioni, transiti, rallentamenti, interventi e assistenze che verifichiamo semplicemente vivendo e procedendo senza rete lungo la strada. Come Il vento fa il suo giro,
I corpi estranei afferma la durezza delle relazioni umane, ma diversamente dal film di Giorgio Diritti, quello di Mirko Locatelli integra il corpo estraneo. Il boicottaggio aperto lascia il posto alla partecipazione, 'coltivando' il terreno per renderlo di nuovo produttivo. Locatelli, al suo secondo film (di finzione), avvia un'indagine socio-antropologica che coglie pulsioni, pregiudizi, retaggi, miti e passioni di un uomo lontano da casa.(...)
Locatelli attraverso Antonio focalizza il passaggio da una convivenza fondata sull'unicità e sulla coerenza del codice culturale a una convivenza caratterizzata dalla varietà delle proposte, dei codici e degli stili di vita. La crisi di Antonio, esplosa nell'aggressione verbale contro Jareb, è il momento acuto di squilibrio che precede il cambiamento. (...)
I corpi estranei è un film essenziale e maturo, necessario e intimamente vero, che con un'eccezionale economia di mezzi espressivi passa dal lontano al vicino, dal distacco all'immedesimazione, fino a restituirci una commovente cognizione del vivere. Filippo Timi, indolente e selvaggio, grumo di istinti, sangue e calore, sguardi e bestemmie, catalizza tutto il film e il suo senso biascicando le parole senza masticarle, fumando la sua ansia e inciampando nell'inquietudine che ha dentro.

   Marzia Gandolfi - mymovies.it

      

promo

Antonio (Filippo Timi) e Pietro, padre e figlio, sono soli a Milano. Il piccolo Pietro è affetto da una rarissima malattia: insieme al papà ha dovuto lasciare il sud per cercare un barlume di speranza nel capoluogo lombardo. Jaber ha 15 anni, ed è giunto da poco in Italia dal Nord Africa per sfuggire ai tumulti che hanno accompagnato le primavere arabe. Il ragazzo deve assistere l'amico Youssef, anche lui, come Pietro, costretto in ospedale. È proprio qui che Antonio e Jaber, anime sole e tormentate, "corpi estranei" in una città lontana, si incontrano... Un'opera certo ambiziosa ma che si affaccia a temi "ostici" come la dignità e il pudore senza mezze misure narrative e linguistiche, andando a "pungere" con ostinazione i sentimenti di chi si affida ciecamente alla speranza. Essenziale e maturo I corpi estranei risulta intimamente vero e con un'eccezionale economia di mezzi espressivi (Filippo Timi catalizza tutto il film!) passa dal lontano al vicino, dal distacco all'immedesimazione, fino a restituirci una commovente cognizione del vivere.

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