La dolce vita
si rivelò un’opera cardine che traghettò il cinema nel decennio
successivo.
Fellini
si era già conquistato un ruolo di artista principe della cultura
cinematografica, dialogando a distanza con
Ingmar Bergman.
Aveva intessuto il linguaggio cinematografico del suo estro bizzarro e
di affascinanti metafore, aveva fatto pulsare lo spettacolo sul grande
schermo di un intimismo autoriale segnato da una personalissima
tensione al trascendente. Ma con La dolce vita aprì a pubblico e
critica le porte di un universo sconosciuto o almeno fino ad allora
inavvicinabile. Fu inesorabile nel descrivere il ritratto di una
nobiltà decaduta, mise brutalmente a nudo la mediocrità di certa
borghesia, il cinismo e lo squallore che trovavano in Roma la capitale
dell’immobilismo culturale, dell’apatia sociale, della falsità del
circo cinematografico. |
ezio leoni - documentario Walter Santesso novembre 2008 |