La dolce vita
Federico Fellini - Italia 1959

Palma d'oro

    La dolce vita si rivelò un’opera cardine che traghettò il cinema nel decennio successivo. Fellini si era già conquistato un ruolo di artista principe della cultura cinematografica, dialogando a distanza con Ingmar Bergman. Aveva intessuto il linguaggio cinematografico del suo estro bizzarro e di affascinanti metafore, aveva fatto pulsare lo spettacolo sul grande schermo di un intimismo autoriale segnato da una personalissima tensione al trascendente. Ma con La dolce vita aprì a pubblico e critica le porte di un universo sconosciuto o almeno fino ad allora inavvicinabile. Fu inesorabile nel descrivere il ritratto di una nobiltà decaduta, mise brutalmente a nudo la mediocrità di certa borghesia, il cinismo e lo squallore che trovavano in Roma la capitale dell’immobilismo culturale, dell’apatia sociale, della falsità del circo cinematografico.
Fellini giocava, da sempre, ad universalizzare la sua riflessione autobiografica, ma fecero scandalo l’aggressiva invadenza dei fotografi e la sconcertante superficialità dei mass-media e soprattutto l’impietosa fotografia di un vuoto morale imperante, la rappresentazione di un mondo fatto di donne procaci, uomini-bamboccio e feste orgiastiche. Nel cinema americano imperava il codice Hays e il giudizio della critica legata all’Osservatore romano, pur alla luce di una visione cristologia sempre intravista nel discorso felliniano, fu di forte negatività.
Ma nel breve e nel lungo tempo
La dolce vita vinse tutte le battaglie, ribadì il suo ruolo di film di culto a livello internazionale (si aggiudicò la Palma d’oro a Cannes) e la scena di Marcello e Sylvia immersi nella fontana di Trevi trionfò come immagine simbolo dell’Italia, di Federico Fellini e del cinema di quegli anni.

ezio leoni - documentario Walter Santesso novembre 2008