Il Club (El Club)
Pablo Larrain - Cile 2015 - 1h 38'

BERLINO 65 - Gran Premio della Giuria

    Dopo la rinfrescante pausa di No sul ritorno alla democrazia in Cile, con El Club Pablo Larrain torna alle lugubri atmosfere di Tony Manero e di Post Mortem, con questo sferzante attacco agli abusi e all’ignavia della chiesa cattolica.
Sulla desolata costa meridionale del Cile, in una insignificante cittadina a strapiombo, La Boca, vive una strana comunità di anziani sacerdoti, qui relegati dalla chiesa cilena in una specie di residenza forzata. Si sono macchiati di gravi peccati, soprattutto pedofilia, ma anche traffico di neonati e collusione coi delitti della dittatura di Pinochet. Sospesi evidentemente a divinis, accuditi da una specie di altrettanto misteriosa perpetua, i membri di questo “club” non pregano, non dicono messa, mangiano, guardano la TV, non si mescolano coi locali se non per le esigenze di un loro molto mondano hobby: l’allevamento di un levriero da competizione che dovrebbe garantire futuri ricchi introiti.
L’apparente tranquilla routine della strana comunità giunge tragicamente al termine con l’arrivo di un altro penitente, Padre Lazcano. Non appena, infatti, il nuovo ospite entra nella casa, ecco che inopinatamente una della sue vittime, un pescatore locale soprannominato Sandokan, inerpicandosi su per la salita e urlando perché tutto il paese senta, snocciola con dovizia di particolari il rosario delle violenze e umiliazioni da lui bambino subite ad opera del nuovo arrivato.
Per tutta risposta il prete prende una pistola e si uccide. Ecco allora entrare in scena, inviato da Santiago per capire, mettere ordine ed eventualmente chiudere la casa, il personaggio più riuscito del film: Padre Garcia (Marcelo Alonso, uno degli attori feticcio di Larrain).
La parte più densa e convincente del film saranno allora gli interrogatori/colloqui tra questo “Grande Inquisitore” e i vari sacerdoti, i quali confessano sì i loro crimini, ma anche rivendicano le oscure, imbarazzanti ragioni del loro comportamento, arrivando a rinfacciare all’inviato del vescovo di appartenere ad una chiesa da albergo a cinque stelle, chiusa alle esigenze e ai drammi dei suoi abbandonati pastori. Nell’ambiguo personaggio di Padre Garcia, la chiesa ascolta, non condanna, non denuncia, vuole solo che non si sappia, non farà, come non ha mai fatto, nulla per le vittime. Dal canto suo, Sandokan, che di queste è la personificazione vivente, si aggira per il paese, minaccia, costringe i membri del club ad una serie di atti, anche violenti, che condurranno all’imprevedibile finale.
Con pochi esterni, girato quasi sempre di notte o al tramonto,
El Club è una specie di claustrofobico “chamber drama”, letteralmente illuminato solo dalla luce di fumose candele. Non c’è speranza, non c’è voglia di riscatto, né per chi è dentro, né per chi è fuori dalla Chiesa. Non c’è intenzione di riparare al male compiuto. L’accusa di Pablo Larrain è forte: per quanto riguarda la pedofilia e non solo, da parte della chiesa cattolica (forse anche per questo in grave crisi in Sudamerica e impotente a combattere l’avanzata delle nuove sette evangeliche) c’è solo una pertinace volontà di occultare le proprie gravi colpe e responsabilità passate e presenti.
Verrà presto distribuito in Italia e sarà interessante vedere la reazione del pubblico.

Giovanni Martini - febbraio 2015 - pubblicato su MCmagazine 37