da La Stampa (Alessandra Levantesi) |
Ci sono svariati modi per
presentare sotto brevità un film come
Erin Brockovich.
Primo: è la storia vera di una giovane donna, due volte
divorziata, disoccupata e con tre figlioletti, la quale
combattendo per una giusta causa trovò la sua strada e, cosa che
non guasta, la ricchezza. O anche: è una commedia ambientalista
alla Frank Capra la cui protagonista lotta vittoriosamente contro
una multinazionale colpevole di aver inquinato con conseguenze
letali una vasta area. Oppure, ed è probabilmente la definizione
più corretta, è un film di Julia Roberts. Alla mercuriale
attrice è riuscito il colpo raro di infilare nell'arco di pochi
mesi tre successi, passando dal genere sentimental-brillante di
Notting Hill e
Se scappi, ti sposo a questo più impegnato
Erin
Brockovich, che in Usa ha già incassato 80 milioni di
dollari. E bisogna aggiungere che qui Julia non gioca in coppia
con partner del peso divistico di Hugh Grant o Richard Gere:
l'unico nome di richiamo è il suo. Con un conto in banca vicino
allo zero, nessun lavoro in vista e i bimbi a carico, Erin rimane
vittima di un incidente automobilistico e perde la causa di
risarcimento. Un'altra sarebbe crollata, invece l'indomita
Brockovich si fa assumere di prepotenza dal suo avvocato Ed Masry
(il bravo Albert Finney), un burbero dal cuore buono. Non essendo
laureata, nello studio legale Erin svolge mansioni di segreteria,
ma un giorno nell'archiviare una pratica scopre una faccenda di
avvelenamento di acque con gravissime ripercussioni sulla salute
degli abitanti della zona; e coinvolgendo il restio Ed
nell'impresa quasi impossibile, riesce a spuntarla contro la
potente società P.G. & G. responsabile del disastro. Scritto
in spirito femminile-femminista da Susannah Grant,
Erin
Brockovich è un buon prodotto di confezione cui il
regista
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CinemaEstate in VILLA CONTARINI - Piazzola s.B. (PD) agosto 2000