Ich Seh Ich Seh (Goodnight Mommy)
Veronika Franz, Severin Fiala - Austria 2014 - 1h 39'

Orizzonti - VENEZIA 71

    Osservare il mondo ed esaminare le psicopatologie degli altri da un punto di vista del tutto esterno e distaccato sembra essere diventata la cifra stilistica del nuovo cinema austriaco da Haneke in poi.
A questa idea di cinema si rifà, al suo debutto dietro la macchina da presa, anche Veronika Franz, sceneggiatrice e moglie di Ulrich Seidl
film precedente in archivio, che, assieme a Severin Fiala, firma la regia di Ich seh Ich seh, presentato nella sezione Orizzonti.
Nella scena iniziale la cinepresa riprende i giochi di due bambini, gemelli identici, che si inseguono in un campo di mais, avvicinandosi alla superficie di un lago: apparentemente un incipit di ambientazione, che in realtà fornisce allo spettatore un importante indizio cognitivo, che gli permetterà in seguito di interpretare quelle immagini in modo differente.
All'interno del campo di mais si trova, sorprendentemente, una villa elegante in puro stile razionalista, dove i due ragazzi vivono con la madre, di cui attendono il ritorno, dopo un'operazione di chirurgia estetica, che l'ha tenuta lontana per un certo periodo. Nella scena dell'incontro, dopo il suo rientro in casa, la madre verrà ripresa inquadrata di spalle, in piedi davanti a una finestra e quando si volterà per accogliere i figli, rivelerà un volto completamente coperto da bende, che le lasciano liberi soltanto gli occhi e la bocca, una creatura senza volto, resa ancor più inquietante dalla fotografia fredda e geometrica di Martin Gschlacht. Le regole ferree di disciplina imposte dalla madre, per garantirsi una guarigione tranquilla, ingenereranno nei gemelli il sospetto che dietro quelle bende ci sia celata un'altra persona. Il graduale distacco e la distanza tra madre e figli vengono accentuati dalla divisione geometrica della casa, dove i due bambini trovano degli spazi separati, in cui dedicarsi ai loro giochi, condotti sul confine tra innocenza e crudeltà, che sfoceranno ben presto in un crescendo di orrore.
A partire dalle gemelle di Siodmark (Lo specchio scuro) fino agli
Inseparabili di Cronenberg, alle Sorelle di de Palma, ai gemelli di Robert Mulligan (il cui The Other -1972- sembra aver ispirato questo film per le forti affinità di sceneggiatura) queste figure nel cinema sembrano avere sempre una connotazione inquietante, così come i volti bendati o i campi di grano. Ma, pur ricorrendo ad elementi tipici del genere, Franz e Fiala hanno saputo affrontare l'argomento con un taglio del tutto originale.
La loro messinscena tende a sottolineare, in ogni sequenza del film, un elemento, la cui assenza genera tensione e pone degli interrogativi: un volto materno e con esso la rassicurante identità che portava con sé, fotografie tolte dalle pareti, un fratello sempre presente, che però ogni tanto sembra svanire nel nulla. La paura prodotta dall'assenza dà vita al terrore, all'odio fino ad arrivare ad un'aggressività distruttiva, che colloca il film al confine tra realtà e distorsione onirica.
Ma più che al risvolto psicologico, che guida lo spettatore alla comprensione del trauma, che sta alla base dello sviluppo della trama, Franz e Fiala sembrano interessati al processo di trasformazione di un sentimento filiale in un desiderio di annientamento, al progressivo passaggio dall'innocenza al desiderio primario e ritualistico, per cui, se la prima parte del film può rientrare nella tipologia del genere, negli ultimi venti minuti di tortura e di furia incendiaria, in cui la macchina da presa indugia sulle ferite della carne, il film si solleva in un'esplosione irrazionale, che ha la forza spiazzante delle provocazioni surrealiste.

Cristina Menegolli - ottobre 2014 - pubblicato su MCmagazine 36