Io sono Mateusz (Life Feels Good)
Maciej Pieprzyca - Polonia 2013 - 1h 52’

CANNES 67° - miglior attore protagonista (TYMOTHY SPALL)

   Al piccolo Mateusz, gravemente disabile, è stata diagnosticata una paralisi cerebrale. I medici sono convinti che non capisca niente e non possa fare progressi di alcun genere, per cui gettano la spugna. I suoi genitori no. La cura della madre e l'allegria del padre, regalano a Mateusz un'infanzia degna di essere vissuta, nonostante la frustrazione di non poter comunicare. Dovranno passare 25 anni perché qualcuno si renda conto dell'intelligenza imprigionata in quel corpo indomabile e offra finalmente a Mateusz gli strumenti per dire chi è e chi è sempre stato.
Se c'è un'esagerazione nel film scritto e diretto da Maciej Pieprzyca, ce n'è una e una soltanto, ed è, in un certo senso, extrafilmica. La storia, infatti, s'ispira a quella di Przemek, ragazzino semiparalizzato dalla nascita e incapace di parlare, che però è stato "liberato" dall'incomprensione (e dall'etichetta di vegetale) prima del personaggio fittizio, all'età di 16 anni. D'altronde, per quanto si esageri, dieci anni in più non sono certo sufficienti a rendere toccabile la sofferenza di un destino come questo, perché quella -è evidente- esula dal cinema, va oltre. Pieprzyca, invece, sta dentro il confine del romanzo cinematografico con misura e sentimento, con ironia e anche una buona dose di realismo, specie quello che riguarda la tragicommedia della sorte. Anche la performance di Dawid Ogrodnik, giovane che si sta facendo conoscere internazionalmente, ha il pregio di parlare con gli occhi più che con le storpiature del corpo, incarnando dunque il testo del film, e di porsi in perfetta continuità con il lavoro, altrettanto stupefacente, di Kamil Tkacz, Mateusz bambino. Nella prima parte, Mateusz guarda gli altri, la sua famiglia, ma anche i vicini di casa e una ragazza in particolare. L'inquadratura principale di questo grande capitolo divide lo schermo in due, pur restando nell'interno domestico: da un lato la cucina, luogo di lavoro e discussione, dall'altro il salotto con la finestra di Mateusz. È un'inquadratura ben scelta, che rende l'idea dello spazio di protezione in cui è inserito il protagonista, ma anche della presenza di una barriera, la barriera dell'incomunicabilità. Nella seconda parte del film, ambientata nell'istituto psichiatrico, il punto di vista muta: ora sono gli altri a guardare Mateusz. C'è chi lo fa in maniera paternalistica, chi per inerzia, sconfortato, con più o meno pazienza, persino con opportunismo, quello sentimentale, il peggiore. Il finale del film si può leggere come un terzo mutamento, con Mateusz finalmente in condizione di allargare la sua visione.
Il film è dedicato alla scomparsa Ewa Pieta, autrice di un primo documentario su Przemek: Like a Butterfly.

   I motivi migliori per vedere Io sono Mateusz sono di natura squisitamente cinematografica. In una parola, si tratta di un film che, quasi senza accorgersene, come accade sempre con i bei film, ci parla del cinema più in generale, del suo modo di funzionamento e della sua imprendibile magia. È una sfida che è già nelle premesse del lavoro di Pieprzyca: raccontare la storia di un ragazzo che non parla, e farlo comunque dal suo punto di vista. Certo, Mateusz pensa - la sua intelligenza è l'oggetto magico al centro del film, il tesoro che si scoprirà solo al termine di una lunga strada -, dunque una certa dose di "voice over" è autorizzata, ma soprattutto Mateusz guarda. È un osservatore incallito, la sua conoscenza del mondo gli viene dalla vista ed è la natura del suo sguardo, paziente ma testardo, apparentemente fisso ma più che mai volitivo e determinato, che detta il tono del film e ne decreta la riuscita.
Non c'è dubbio che la prova attoriale di Dawid Ogrodnik (attore ventottenne talentuoso, che abbiamo già avuto modo di
apprezzare in Ida) sia l'immagine più evidente che emerge dal film, ricalcata sul modello reale: il giovane Przemek. Ma ci sono immagini originali ed evocative in ogni sequenza, traduzioni riuscite del romanzo di Mateusz nella lingua "simbolica" che è propria del cinema. E in fondo è proprio questa, di accostare con la leggerezza di un'allusione il modo di comunicare di Mateusz e il modo di comunicare del cinema, la vera idea del film di Pieprzyca, autore, tra l'altro, del bellissimo copione.
Pur portando in scena un handicap gravissimo, inoltre,
Io sono Mateusz può considerarsi l'opposto esatto di un film sulla malattia. Il racconto della malattia spesso, infatti, al cinema come nella vita, se affidato al protagonista, è deformato dall'egocentrismo, dai sintomi, dagli interrogativi che si associano al suo progredire, e non ha tempo per l'empatia, non ha tempo per ciò che va oltre il sé. Il racconto filmico di Mateusz, al contrario, è un inno alla ragione d'esistere, la sua prima di tutto, ma anche quella di tutti quanti capitano sotto il suo sguardo, anche i più meschini.
Nella metafora di una mente imprigionata e ammutolita da un corpo nemico, ingestibile e incomprensibile, c'è, infine, lo spazio per leggere tra le righe un invito ad ascoltare di più quel mondo che si trova in quella condizione anche solo temporaneamente. Il mondo dei bambini piccoli, che comprendono ma ancora non sanno spiegarsi; il mondo dei timidi; dei deboli; dei ricattati. Quel mondo, insomma, a cui il cinema ha sempre amato e saputo dar voce. Perché, se qualche volta la Storia non prevede il lieto fine che fortunatamente c'è qui, il cinema ha comunque sempre un'arma in più, quella dell'immaginazione, che può fotografare a suo modo la realtà, ma dalla realtà può anche redimere.

Marianna Cappi - mymovies.it 

 



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Al piccolo Mateusz, gravemente disabile, è stata diagnosticata una paralisi cerebrale. I medici sono convinti che non capisca niente e non possa fare progressi di alcun genere, per cui gettano la spugna. I suoi genitori no. La cura della madre e l'allegria del padre, regalano a Mateusz un'infanzia degna di essere vissuta, nonostante la frustrazione di non poter comunicare. Dovranno passare 25 anni perché qualcuno si renda conto dell'intelligenza imprigionata in quel corpo indomabile e offra finalmente a Mateusz gli strumenti per dire chi è e chi è sempre stato. I motivi migliori per vedere Io sono Mateusz sono di natura squisitamente cinematografica: un film che, quasi senza accorgersene ci parla del cinema più in generale, del suo modo di funzionamento e della sua imprendibile magia. Io sono Mateusz rimane infatti dentro il confine del romanzo cinematografico con misura e sentimento, con ironia e anche una buona dose di realismo, specie quello che riguarda la tragicommedia della sorte. Il modo giusto per raccontare una vita ingiusta, aprendo una porta al sorriso.

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 LUX - marzo 2015

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