Due
americane a Parigi, le belle e brave Kate Hudson e Naomi Watts (vince ai
punti la seconda), al seguito del finto californiano James Ivory che,
lasciando stavolta a casa orgogli, pregiudizi e parrucche, studia
l'attualità di un glamour sentimentale in cui i ruoli sono spesso confusi.
Inerpicandosi sui travagli affettivi di due sorelline Usa che, sedotte e
abbandonate, patiscono in Francia matrimoni, divorzi e drammi della
gelosia in un prolungato pranzo di famiglia, festeggiando ipocrisia e
avidità con la volgarità di un politicante di successo tv. Commedia su
sorprese e sorpresine dell'amore in cui anche
Ivory
crede fino a un certo
punto: il bilancio è di poco ardore, non c'è mai passione, è un lungo
cocktail party in cui si parla di illusioni e delusioni. Languidamente a
cavalcioni tra due culture, come in altri suoi film, il buon Ivory,
sprovvisto di trine e merletti ma ispirandosi a un libro di Diane Johnson,
che purtroppo non è Forster, lavora su un soggetto graziosamente povero di
fuoco, tra dispute pittoriche, borse firmate e foulard di seta, in cui
Leslie Caron è la fantastica presenza che ricorda i musical di Minnelli
lungo la Senna. Insomma, siamo dalle parti del superficialmente serio e
del seriamente superficiale, ma il gioco è prolisso, il girotondo dei
sentimenti è macchinoso: è difficile per tutti diventare Rohmer o Max
Ophuls.
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