Madame Courage
Merzak Alluache - Algeria/Francia 2015 - 1h 30'

VENEZIA 72 - Orizzonti

    Madame Courage è una droga, una sostanza psicotropa che si chiama Artane e viene venduta in pasticche. È la droga di Omar, un adolescente che abita in una baraccopoli alla periferia di una caotica metropoli algerina, sulle rive del Mediterraneo. È coraggio artificiale, quando quello vero non basta ad Omar per affrontare una vita di stenti, orfano di padre, maltrattato dalla madre, privo dei mezzi per prendersi cura della sorella, già avviata sulla strada della prostituzione. E per procurarsela il ragazzo ruba: è un professionista dello scippo, specializzato nello strappare catenine dal collo delle sue vittime e sparire nel nulla. Omar ruba per avere il denaro per drogarsi, e si droga per avere la forza di sopravvivere.
Questa spirale senza via d'uscita viene interrotta da una delle sue vittime, Selma, una ragazza che, inconsapevolmente, colpisce la sua attenzione al punto da spingerlo a restituirle la catenina che le ha rubato e a seguirla fino a casa, ad attendere per ore che si affacci al balcone. E così il bisogno della droga lascia il posto ad un desiderio ancora più impellente, quello di vedere Selma, anche solo da lontano, anche solo tramite lo schermo di un cellulare, comprato coi soldi destinati alle pasticche, con cui la fotografa di nascosto all'uscita della scuola. Omar, chiuso nel suo mondo artificiale, non fa progetti per il futuro, non si immagina una vita con Selma, si limita a manifestare il suo sentimento con gesti istintivi, prossimi allo stalking. "E' un pazzo innocuo" dirà di lui Selma al fratello, che che teme per la sua sicurezza e allontana il ragazzo con pesanti minacce. Ma se la fanciulla abbia o meno ragione non ci è dato di sapere, perché il regista sceglie per un finale aperto.
Merzak Alluache, algerino trapiantato in Francia, con una lunga carriera alle spalle, torna a narrarci della sua terra d'origine come aveva già fatto con Les Terrasses, presentato a Venezia nel 2013. E lo fa per metterci in guardia: in una nazione che sembra essere toccata solo marginalmente dai tumulti che travolgono larga parte del mondo arabo, in realtà si annida una piaga sociale che presto o tardi sfocerà in rivolta. Migliaia di emarginati, come Omar, costretti a vivere di espedienti, privi di qualsiasi speranza in un futuro migliore, relegati in un sottomondo di illegalità e di violenza, sono una minaccia pronta ad esplodere, nonché un bacino di reclutamento ideale per l'Islamismo radicale.
Per narrare la sua storia Allouache sceglie uno stile ridotto al minimo. Colpisce innanzitutto l'assenza della colonna sonora. In sua vece, lo spettatore è sottoposto di continuo ai rumori fastidiosi di una città bloccata dal traffico: il rombo incessante dei motori, il suono insistente dei clacson. E poi ancora, lo scoppiettare del motorino di Omar, le strida dei gabbiani presso la costa dove sorge il casermone in cui abita Selma. Fino ad arrivare, nei pochi momenti di silenzio, a sentire il rumore dei passi o il soffio del respiro. Allouache non inserisce filtri tra lo spettatore e la realtà a cui assiste. Anche i dialoghi sono quasi inesistenti e alle voci dei protagonisti se ne sostituiscono altre: quella del Muezzin, che ad ore prestabilite invade la città invitando alla preghiera, e quella martellante, da lavaggio del cervello, di un predicatore alla televisione sempre accesa in casa della madre di Omar. Allouache punta tutto sul suo protagonista, il giovanissimo Adlane Djiemil. Orecchie a sventola, denti troppo grandi, viso scavato, sguardo espressivo. Sul suo volto scorrono emozioni che vanno dalla rabbia alla gioia, al distaccato sollievo che regala la droga.
"Il vento non mi tocca" dice il ragazzo per rassicurare la sorella, picchiata a sangue dal suo protettore, prima di uscire di casa in cerca di vendetta. Ma a sottolineare che la realtà delle cose è ben diversa da come lui la percepisce, c'è l'immagine più ricorrente del film: Omar, in sella al suo motorino, col vento che percorre il suo corpo e fa schioccare la sua felpa grigia, diretto verso il prossimo colpo, la prossima dose, verso un futuro già scritto.
Madame Courage è la fotografia di un ragazzo sprecato, no anzi, come suggerisce una delle scene più toccanti del film, gettato via. Un rifiuto abbandonato di fianco a un cassonetto da una società destinata a crollare.

Marta Ciardella - ottobre 2015 - pubblicato su MCmagazine 38