My Generation
Barbara Kopple - USA 2000 - 1h 43'

  Si può dare appuntamento a un sogno perché ripassi tra 25 anni? Barbara Kopple e Michael Lang, organizzatore dei concerti rock a Woodstock, hanno pensato di sì e hanno realizzato un bel documento, My generation. In cui rievocano, contrappongono, resuscitano, con filmati, tre stagioni: le 16 ore del 21 agosto ’69, poi il ’94 e il ’99, quando la gente del posto puliva i fucili per accogliere «giovani sbandati e drogati», come in Easy Rider . Intanto la controcultura giovanile è diventata business, merchandising, sponsor; buttarsi nel fango una moda e il concertone costa ormai 40 milioni di dollari. Woodstock, da cui si girò nel ’70, a sangue caldo, un film di Wadleigh montato da Scorsese, fu un raduno storico per la cultura hippy «perché quelli erano i momenti dei veri e chiari ideali della gioventù», dice oggi, ingrassato e ingrigito, il manager Lang. Barbara Kopple, due Oscar, gran documentarista, ha osservato nel corso del tempo sogni e incubi americani, ha filmato scioperi di minatori e operai. Ma soprattutto la musica, dal concerto dell’81 contro il nucleare alla tournée di Woody Allen e nella compilation del film ci sono leggendarie presenze (The Who, Cocker, Joplin, Metallica, Chili Peppers) e perfino un eroico italiano, Zucchero, con la sua parte di gloria). 
Da questo istruttivo, bellissimo, sinfonico
My generation, fatto di suoni, volti, campi lunghi, l’espressivo anonimato, emerge la morale di un cambiamento in nome del plusvalore, a scapito delle (presunte) genuinità e innocenza del rock. Circola l’aria del tempo, si rivedono i figli dei fiori, i momenti cult di Santana e Jimi Hendrix, la gente che fa «moshing» cioè viene sopraelevata sulla testa del pubblico con mani birichine che se ne approfittano, e altri che rotolano nel fango. Oltre a qualche cartello «abbiamo bisogno di acido» e alle solite proteste, perché frattanto i regolamenti si sono fatti ferrei almeno come la volontà di trasgredirli. La controcultura verace, dice la Kopple, è diventata merce di scambio: ovunque bancarelle con l’industria del ricordo, mentre i giovani di oggi non ne possono più del mito del ’68. E alla fine il vecchio Ginsberg cita Yeats, un bel pezzo di sociologia applicata...

Roberto Nepoti – La Repubblica

  TORRESINO ALL'APERTO! giugno-agosto 2001

promo

Il Festival di Woodstock raccontato nelle sue tre edizioni:'69, '94, '99. Un film sui contrasti e i cambiamenti generazionali, su pace, amore e violenza, sulla la musica e l'espressione artistica, sulla fratellanza e... sullo sfruttamento commerciale. Un mito rivisitato, revisionato, sempre vibrante.