Il nastro bianco
(Das
Weiße Band) |
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Palma d'oro |
C'era
una volta l'ordine, se non l'armonia. C'era una volta un mondo in cui ogni
cosa stava al suo posto e ognuno sapeva che posizione occupare. C'era una
volta un paese, la Germania del 1913-1914, con istituzioni degne di questo
nome, la chiesa, la scuola, la medicina, la nobiltà terriera, la polizia.
Fino a quando tutto andò in frantumi, le istituzioni rivelarono il loro
vero volto, gli individui governati da quelle istituzioni impararono ad
allargare le maglie del loro ordinamento o forse ad applicarne
l'insegnamento alla lettera fino a rovesciare le certezze in violenza,
l'ordine in caos, il contratto sociale in sopraffazione. |
Fabio Ferzetti - Il Messaggero |
Anche se Il nastro bianco sembra, a prima vista, diverso dai precedenti, tutti i film di Michael Haneke hanno lo stesso soggetto e lo stesso protagonista: il male. Questa volta il regista austriaco va alle radici del male componendo una straordinaria parabola sull'origine del nazismo e di tutti i fascismi che ambienta in un villaggio tedesco, Eichwald, all'inizio del 900. Narrato in "voice over" dal maestro del paese, diventato vecchio, il film inizia con una caduta da cavallo; causa un filo teso di proposito, vittima il medico locale. Quando la vittima, dopo una lunga degenza, torna a casa, la vediamo trasformarsi in carnefice: della governante e della figlia, una ragazzina costretta a subire le sue attenzioni pedofile. Né le altre figure d' autorità di Eichwald sono molto meglio di costui; a cominciare dal pastore, che inculca la morale a frustate e distribuisce nastri bianchi da mettere al braccio come segno di purezza. Se certi personaggi e atmosfere evocano il cinema di Bergman, a confronto il regista svedese era un campione di ottimismo. Nella precisione geometrica dei gesti con cui descrive l'organizzazione gerarchica di una società, e le conseguenze che le sono inerenti, nella sobria perfezione della fotografia (direttamente ispirata alle immagini di August Sander, fotografo tedesco d' inizio del secolo scorso, e realizzata con pellicola a colori poi trattata in bianco e nero) il film, Palma d' oro a Cannes, è un grido silenzioso (non c' è neppure la musica) e tuttavia udibilissimo contro il sadismo dei puritani d' ogni tempo e luogo, una requisitoria scagliata in faccia all'autorità. Che sia quella degli adulti verso i bambini, dei ricchi nei confronti dei poveri, delle gerarchie religiose o dei poteri costituiti, è sempre questa la vera origine del male. |
Roberto Nepoti - La Repubblica |
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Il regista austriaco va alle radici del male componendo una straordinaria parabola sull'origine del nazismo e di tutti i fascismi, ambientata in un villaggio tedesco all'inizio del 900. Haneke non parla solo del passato. Tutto è narrato dalla voce invecchiata di uno dei protagonisti, il maestro del villaggio, molti anni dopo. L'ottusa gerarchia prussiano-protestante è solo uno dei volti del Male; il film è un grido silenzioso e tuttavia udibilissimo contro l'autoritarismo di ogni potere costituito. Un magnifico, spaventoso affresco storico che diventa anche metafora del presente. |
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TORRESINO
- novembre 2009 |
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cineforum ANTONIANUM/The Last Tycoon 2010-2011 |