La nostra vita
Daniele Luchetti
- Italia/Francia 2010 - 1h 35'

Palma miglior attore a ELIO GERMANO

   Claudio e Elena si amano, chiamano i rampolli con i nomi "esotici" che i poveri danno ai bambini, non si lamentano della modesta condizione economica. Quando la sventura si abbatte sulla famigliola, però, Claudio decide di risarcire i figli con una vita più agiata. Da muratore si converte in imprenditore edile; entrando in un mondo di compromessi e illegalità. Unico italiano in concorso a Cannes, il film racconta una storia familiare senza perdere di vista il contesto: un' Italia odierna prona al consumismo, dove dilagano il lavoro nero, il cinismo, la decolpevolizzazione generale. Un po' nel solco del cinema sociale europeo (i Dardenne, Cantet...), anche se con un epilogo troppo consolatorio.

Roberto Nepoti - La Repubblica

   Ancora famiglie per Daniele Luchetti film successivo in archivio. Secondo una voga, del resto, ormai abbastanza diffusa nel cinema italiano. Questa Volta, però, a differenza di Mio fratello è figlio unico che si riferiva al passato, o comunque agli anni roventi del dopo ‘68, con uno sguardo decisamente rivolto al presente, anzi all’attualità di questi nostri armi così contraddittori e turbati. Eppure si comincia con un idillio; Claudio ed Elena, giovani sposi con due figli piccoli, che si amano teneramente. Con un solo problema, la scarsità di denaro perché lui lavora in una impresa edile dove, nonostante un gestore corrotto, non cede un solo momento alle lusinghe di comportamenti disonesti e redditizi. Ma ecco che tutto si rovescia. La moglie muore di parto lasciandogli tra le braccia un terzo bambino e Claudio, per rifarsi e vincere il suo lutto, decide di far molti soldi ricorrendo addirittura a un ricatto per costringere il gestore dell’impresa a concedergli in subappalto certi lavori nei cantiere. Contrae molti, debiti, sfrutta cinicamente con compensi in nero degli indifesi operai quasi tutti ‘extracomunitari, ma, pur agli inizi vincendo, tira troppo la corda e rischierebbe il tracollo se non intervenissero parenti ed amici a metterlo in condizione di riprendersi. Sempre, però, passando sopra a qualsiasi principio di onestà. Lo lasciamo così, senza che intenzionalmente ci ‘si dica se, mentre torna a godersi l’affetto dei figli, una presa di coscienza possa metterlo in futuro su strade più giuste. Luchetti il testo se l’è scritto con Rulli e Petraglia e, pur dando spazi, con tutta l’attenzione possibile, a quel radicale mutamento di intenzioni e di gesti del protagonista, gli ha costruito attorno, con accenti colorati e felici, una galleria di personaggi solo in apparenza secondari, ma capace ciascuno di dare il suo contributo al procedere dell’azione. Con pagine in cui poi la regia, quasi sempre guidata dalla macchina a mano, ha mostrato di saper alternare i ritmi più affannati e spesso anche angoscianti a pause di intensa emozione. Come la scena muta e distante in cui Claudio apprende la morte della moglie o quella, concisa ma intensa, che lo induce a svelare a un giovane sempre pronto a fidarsi di lui il suo colpevole silenzio su un incidente nel cantiere che aveva provocato la morte di suo padre. Qualche scompenso narrativo e una certa insistenza in situazioni solo marginali sono comunque riscattati da una interpretazione sempre salda e felice a cominciare da quella di Elio Germano, un protagonista di una gestualità e di una mimica mobilissime e prodighe di espressioni anche forti. Fra gli altri, Isabella Ragonese, la moglie, Raoul Bova, un fratello, Giorgio Colangeli, il gestore, Luca Zingaretti, Stefania Montorsi.. Tuffi guidati con meditata sapienza.

Gian Luigi Rondi - Il Tempo

promo

Un operaio viene colpito da un lutto devastante: la morte della moglie che lo lascia solo con i loro due bambini. Disperato, l'uomo trova un modo suo per elaborare il trauma e sedare il dolore, impegnandosi in una corsa forsennata all’arricchimento attraverso imprese azzardate. Da muratore si converte in imprenditore edile; entrando in un mondo di compromessi e illegalità.
Unico italiano in concorso a Cannes, Luchetti racconta una storia familiare senza perdere di vista il contesto: un'Italia odierna prona al consumismo, dove dilagano il lavoro nero, il cinismo, la decolpevolizzazione generale. Un film pieno di emozioni e di ansia, della bella musica di Piersanti e delle adorabili occhiatacce di Stefania Montorsi. Palma come miglior attore a Elio Germano.

cinélite TORRESINO all'aperto: giugno-agosto 2010