L'orchestra di Piazza Vittorio
Agostino Ferrente - Italia 2006 - 1h 33'
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documentario musicale -

da La Repubblica (Paolo D'Agostini)

     Il quartiere Esquilino di Roma e la sua centrale piazza Vittorio significavano fino a non molti anni fa due cose. L'eredità architettonica e urbanistica, a imitazione torinese, della calata negli ultimi decenni del secolo XIX della nuova classe dirigente sabauda. E la popolarità del più grande mercato alimentare della città. Poi quartiere e piazza sono diventati sinonimo di immigrazione, i vecchi negozi sono stati sostituiti da insegne indiane o (soprattutto) cinesi e la popolazione originaria si è avviata a diventare, non senza contraccolpi, "minoranza etnica".
Questo documentario racconta la storia degli ultimi cinque anni. Storia iniziata con una mobilitazione contro la chiusura del vecchio cinema Apollo, proseguita con la costituzione dell'associazione Apollo 11 e culminata con la scommessa riuscita di creare un'orchestra (e un sound "meticcio") fatta di indiani e cubani, africani e sudamericani, arabi e rom ma anche italiani, americani del nord, altri europei.
Giudicare la qualità del documentario è a conti fatti marginale, mentre una volta tanto bisogna togliersi il cappello di fronte al messaggio che nel suo piccolo ha un valore storico. E che, proposto senza nascondersi ostacoli e contraddizioni, offre un possibile modo di affrontare l'incerto futuro della convivenza tra diversi. Tra i tanti animatori dell'impresa spiccano il musicista Mario Tronco della Piccola Orchestra Avion Travel e il regista Agostino Ferrente.

da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro)

     Scene da un film diverso da tutti. Due cinesi allacciati in un tango a piazza Vittorio sulle note della tromba suonata da un cubano. Un argentino che improvvisa un trascinante assolo di percussioni, poi accompagna gentile i visitatori verso la porta di casa che però è la saracinesca di un garage, perché una casa vera non ce l'ha ("anzi, se conoscete qualcuno che ha un buco da affittare..."). Un ecuadoregno che canta accompagnandosi con la chitarra una nenia ammaliante anche se del tutto priva di parole. Un "tablista" indiano mai uscito prima dal suo villaggio nel Rajastan che contempla a bocca aperta Roma by night dal finestrino del taxi ("Certo che è bella. E' nella categoria delle città più belle del mondo" spiega il cugino immigrato che lo ha trascinato lì per suonare con lui; "è anche la città di Romeo e Giulietta, sai quelli morti per amore..."). Evviva: ci sono voluti quattro anni, ma alla fine Agostino Ferrente ce l'ha fatta. L'orchestra di piazza Vittorio non è più solo un'utopia realizzata, un sogno concepito con Mario Tronco degli Avion Travel e lentamente, testardamente trasformato in realtà. La nascita di quell'orchestra multietnica e transculturale dove suonano e cantano tutti insieme indiani e brasiliani, ungheresi e argentini, senegalesi e americani, tunisini e rumeni, è diventata anche un film che racconta molte cose insieme.
Racconta con ironia e complicità l'ostinazione, il coraggio, l'invidiabile candore con cui Tronco e Ferrente hanno setacciato la città cercando musicisti di ogni parte del mondo nelle strade, nei ristoranti e perfino nei vagoni della metropolitana. Racconta una piccola e insieme immensa vittoria dell'iniziativa individuale sulle inerzie e le inevitabili lentezze della mano pubblica (tutto nasce dall'idea di riconvertire in laboratorio multidisciplinare l'Apollo, ex-sala di quartiere decaduta in locale a luci rosse e poi comprata dal Comune, che però ci mette anni a ristrutturare e riaprire, sicché Ferrente, Tronco e gli amici dell'Apollo 11 decidono di autofinanziarsi per andare avanti). Racconta con fraseggio a sua volta sapientemente musicale il divertimento e la sfida, le sorprese, l'eccitazione continua di un progetto che prende corpo fra mille difficoltà. Perché anche se Monique Veaute, direttrice di RomaEuropa, invita la costituenda orchestra a debuttare nel suo festival, anche se le comunità arabe, latinoamericane e poi indiane si mobilitano per convogliare su Roma cantanti e strumentisti, non sempre è facile armonizzare artisti così lontani per temperamento e provenienza. Ma la musica è il mezzo migliore per avvicinare i mondi: e quella prodotta da quest'orchestra che poteva nascere solo a Roma, così esotica e insieme così familiare, è davvero il simbolo di una fiducia nella diversità, nella tolleranza e nella curiosità reciproca, che oggi più che mai dobbiamo coltivare ad ogni costo.

TORRESINO

i mercoledì a viva voce del CTP Valeri
giornata multietnica: cinema&musica - 28 marzo 2007