Le parole di mio padre
Francesca Comencini -  Italia
2001

da Film Tv (Enrico Magrelli)

Nel nome del padre. Senza più rabbie, né rancori. Con lo smarrimento affetuoso e freddo, di una conversazione sempre interrotta e sempre cominciata male, nell’impotenza di far coincidere parole e sentimenti. All’ombra di quella figura incombente, che in ogni famiglia ha una sua identità, un suo peso, una sua storia, i figli sentono la fatica di vivere, del crescere e di esplorare la propria coscienza. Questo è il problema: imparare a lavorare, a recitare (“Tre sorelle” di Cechov), ad addentrarsi da soli, in quella zona dai contorni vaghi e mutevoli “persona” o naufragare tra le insidiose correnti del dolore. Il padre morto di Zeno e quello vivo, con quella presenza rassicurante e quell'assenza insondabile dei simboli, delle quattro sorelle Malfenti, sono i depositari e i destinatari di tutte le parole che i figli non dicono. Francesca Comencini si ispira liberamente a due capitoli di "La coscienza di Zeno" di Italo Svevo e nel suo bel film si mette in ascolto delle voci interiori dei suoi personaggi. Una profonda, densa e penetrante lettura non tanto di un capolavoro letterario quanto delle risonanze dell'anima. In una Roma dove la coscienza si rapprende in una passeggiata, in un’effimera staffetta d'amore, in un tourbillon pacato, in appuntamenti mancati, in richieste non soddisfatte. Il tempo, intorto, gira in tondo e Zeno impara a riconoscere il valore del dubbio. Il cognome del padre, nel caso di Francesca e Chiara, fa rima con cinema.

TORRESINO giugno 2001

per tamburini... Del silenzio dei genitori, e delle parole che i figli vorrebbero ascoltare e i genitori non credono di avere… Due capitoli di "La coscienza di Zeno", reinventati e riambientati dalla vecchia Trieste nella Roma di oggi, per offrire ai temi della crisi dei giovani e delle loro lotte sentimentali, una valenza contemporanea e più che mai sincera.