Potere assoluto (Absolute Power)   Clint Eastwood - USA 1997 - 2h'
Hamlet     Kenneth Branagh - Gran Bretagna 1996 - 2h 1'


   Sono due gli ultimi grandi film della stagione che si fronteggiano in questi giorni nelle sale, Hamlet di Kenneth Branagh e Potere assoluto di Clint Eastwood. In realtà la loro non è una lotta intestina, ma un estremo, comune, tentativo di contrastare l'estate anticipata che ormai da Pasqua in poi depista i potenziali spettatori e sbeffeggia l'industria cinematografica. Crisi dei botteghini a parte, le due pellicole hanno comunque una curiosa convergenza narrativa: in entrambe i protagonisti devono confrontarsi con la trasparenza di un falso specchio.
Branagh  (regista e attore) nel riaggiornare Amleto in una cornice mitteleuropea ottocentesca declama infatti il suo "essere o non essere" di fronte ad una delle tante porte-specchio della gigantesca sala delle feste, ma di lì a poco, nel drammatico duetto con la povera Ofelia, sarà spiato proprio attraverso uno di quegli specchi, ambiguamente traslucidi, da Claudio e Polonio. Di contro tutto il plot di
Potere assoluto (in cui, di nuovo, il regista - Eastwood film successivo in archivio - è anche interprete) è incentrato sull'omicidio cui assiste il protagonista, un ladro-gentiluomo "intrappolato" dietro il falso specchio di una stanza-cassaforte. La sfiziosa affinità tra le due opere dei due registi (n° 7 per Branagh, 19a per l'inossidabile Clint) termina ovviamente qui, ma non crediate che il divario culturale di fondo svilisca oltre misura il lavoro di Eastwood. Potere assoluto è un bell'esempio di film di genere (giallo, thriller, poliziesco - la classificazione univoca va ormai stretta). Parte misterioso e provocante, prende corpo con grinta e sensibilità, si sfilaccia purtroppo nell'ultima mezz'ora, ma la figura del ladro inafferrabile ha una sua aura mitica, lo scavo psicologico tra padre e figlia è essenziale ed efficace e la denuncia per l'oscena tracotanza del potere non è una sferzata da poco nel clima di buonismo (presidenziale) USA di questi tempi. Quale giudizio critico infine per il mastodontico (ne esiste una versione di quattro ore!) Hamlet ? Ci troviamo di fronte ad una trasposizione integrale, puntigliosa ed esaustiva in cui il testo di Shakespeare ritrova completezza nella ridda di personaggi, psicologie e conflitti, nient'affatto tradito nell'ambientazione stile-Mayerling, ma argutamente impreziosito grazie alla commistione di generi e situazioni: dall'horror dell'apparizione del fantasma paterno, all'ampio respiro delle brevi scene di battaglia. Branagh contrappunta infatti la vicenda con l'incombente invasione delle truppe di Fortebraccio, ma ha anche un occhio di riguardo per il triste destino di Ofelia (esplicita amante di Amleto in alcuni sensuali flash), dà tono al ruolo partecipe e sofferto di Orazio. Ciò che affascina è lo sfarzo barocco e "solare" che avvolge la tragedia (teso ad enfatizzare la sfrontata paranoia del potere) e l'adrenalinico protagonismo di Branagh-Amleto, effervescente nella sua recitazione tormentata e sferzante, narcisistico nella regia, che si esalta tra superbe scenografie e virtuosistici movimenti di macchina. L'emozione è dirompente, ma più "di testa" che "di cuore": la nostalgia per la cupa aura gotica delle letture di Olivier (1948) e Kozintsev (1964) in noi si è fatta un po' sentire...

ezio leoni - La Difesa Del Popolo  8 giugno 1997

  rassegna di film in lingua inglese sottotitolati in inglese - ottobre 2011/aprile 2012