Quelques jours en Septembre
Santiago Amigorena
- Francia 2006 - 1h 50'
-
opera prima -


Venezia 63° - Fuori concorso

   Spionaggio e affetti famigliari. Un killer e il suo psicanalista. Parigi e Venezia. Quelques jours en Septembre mescola il bello e il brutto dell’esistenza, l’incertezza del vivere e il gusto della buona cucina, il rancore e il desiderio di vendetta, la soavità della poesia e la brutalità della politica.
Tutto comincia all’ombra della Torre Eiffel dove, in uno squallido alberghetto si ritrovano Orlando (Sara Forestier), Iréne (Juliette Binoche) e David (Tom Riley). L’una è la figlia di Elliot, un misterioso (ex?) agente della CIA, l’altra è uno smagata spia francese, amica di lunga data del padre della ragazza. Anche David è figlio di Elliot, della sua seconda identità, dopo che, alla morte della prima moglie, ha abbandonato in Francia Orlando e ha preso cittadinanza americana… Ma non c’è tempo per troppe spiegazioni, né per attendere il previsto arrivo di Elliot. William Pound (John Tururro), killer feroce e bizzarro, piomba nella loro stanza e la ronde spionistica ha inizio.
Nel plot e nella regia di Santiago Amigorena (un passato di sceneggiatore, qui all’esordio dietro la macchina da presa) ci sono tutti i clichet del genere ma c’è anche di più. C’è una continua contraddizione delle aspettative dello spettatore (l’ansia che aumenta per poi smorzarsi nel nulla, momenti di pausa che si concretizzano all’improvviso in inaspettati crescendo di tensione), c’è l’introversa personalità di Orlando che odia il padre e ha sempre una pistola per le mani, c’è la soave presenza di David che degusta il vino, sceglie con golosità i dolci, mangia e cucina con la passione del buongustaio, legge e recita poesia con suadente sensibilità. Iréne adombra il suo ruolo di spia in una rasserenante leggerezza di spirito (e negli eleganti tratti del volto di una Binoche matura e calibratissima), William Pound passa da crisi di professionalità (a cui corrispondono surreali telefonate allo psicanalista) ad azioni di inesorabile efferatezza, Elliot (Nick Nolte) resta fino alla fine una figura enigmatica, un consulente finanziario sui generis, un agente che forse fa il doppio gioco (per se stesso), il “padre” da ritrovare, da comprendere, da eliminare.
E se Parigi è l’inizio, Venezia non può essere che la fine del viaggio. Un viaggio anche iniziatico nel confronto esistenziale tra Europa-Orlando e USA-David: memorabile l’enunciazione dei “segni” negativi dell’essere americani, compresa una metafora sui dinosauri, così presenti nel cinema hollywoodiano, proprio quale simbolo di una (in)civiltà destinata a scomparire. Un viaggio anche sentimentale perché Orlando e David fratelli, ma non consanguinei, arriveranno a incontrare prima l’amore che il padre. Un viaggio infine “rivelatore” perché, una volta concesso alla spy-story il giusto cruento epilogo,
Quelques jours en Septembre mette a fuoco, assieme allo sguardo di Iréne, anche il nostro di spettatori. Il misterioso segreto di Elliott si disvela solo nell’ultima sequenza, sullo schermo di un televisore. La civiltà americana non rischia forse l’estinzione ma, tra fiction e realtà, quei giorni di settembre lasciano il segno.

ezio leoni - Il Mattino di Padova  2 settembre 2006