Room
Lenny Abrahamson - Irlanda/Canada 2015 - 1h 58’

miglior attrice protagonista (BRIE LARSON)

  Se non credete che un film possa farci guardare il cielo come se lo vedessimo per la prima volta, date un'occhiata a 'Room', una delle scoperte più emozionanti della stagione (...) un film estremo. Ma soprattutto è la prova che per fare grande cinema non sempre servono grandi mezzi o grandi spazi (...). Tratto dal bel romanzo dell'irlandese Emma Donoghue (...), anche attenta sceneggiatrice del film, Room reinventa in chiave tra il clinico e il lirico atroci fatti di cronaca come quelli di Josef Fritzl e Natascha Kampusch. Ma si ribalta a metà percorso passando dalla claustrofobia più angosciosa a un ritorno alla 'normalità' non meno impervio per la madre che per il figlio. Perché per il piccolo Jack quell'inferno di pochi metri quadri è a suo modo un piccolo Eden in cui vive in simbiosi con la madre, anche se per la solitudine considera come esseri viventi tutti gli oggetti di casa. E perché la loro parabola, qui sta la vera grandezza di 'Room', diventa una metafora della fine dell'infanzia, di ogni infanzia. Dei danni che può lasciarsi dietro e dei compromessi a cui costringe, che spesso durano un'intera esistenza. Come dice la Donoghue, «in fondo la vita di ogni giorno può somigliare alla prigionia. La cattività non è che una versione estrema della normalità». Di qui l'emozione così forte provocata da questo film che scava nel rapporto più intimo e fondante che ci sia, quello tra un figlio e una madre, per poi esplorare a ritroso il riflesso della loro vicenda sul resto della famiglia. Con una profondità, una giustezza di accenti, una capacità di restare sempre in sincrono con i sentimenti di tutti i personaggi, che lascia davvero stupiti.

Fabio Ferzetti - Il Messaggero

  È evidente la volontà del regista di giocare con le aspettative del pubblico, di cercare un cinema che soprattutto non possa essere accusato di essere condiscendente con quello che si aspetta o si immagina lo spettatore. Il film è tratto dal romanzo di Emma Donoghue (...) ed è stata proprio l'autrice a scrivere da sola la sceneggiatura: tra i meriti del suo lavoro, sulla pagina come sullo schermo, c'è quello di aver saputo evitare il facile ricatto emotivo della cronaca. Ci sono stati molti casi di sequestri che possono far pensare a questa storia, ma il film (e il libro) fanno il possibile per evitare richiami o similitudini e la svolta-sorpresa è uno dei meccanismi che usa. Perché al di là della bravura del regista e dei suoi attori (davvero notevole) è proprio il meccanismo del racconto la qualità che fa la differenza, quella che passa tra la «ricostruzione» di un fatto di cronaca e l'«invenzione» di un cinema capace ancora di sorprendere ed emozionare.

Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera



promo

Ma' vive per il suo bambino di soli 5 anni. Gioca con lui, gli racconta storie, cerca tutti i modi per farlo divertire. Nonostante ciò, è difficile nascondere che vivono in una "stanza" di 9 metri quadrati e senza finestre, solo un lucernario da cui vedere una porzione di cielo. Jack è un bimbo curioso e Ma' è consapevole che il figlio ha raggiunto l'età giusta per aiutarla a mettere in atto il suo piano di fuga per raggiungere insieme il mondo fuori. Sono le scelte di regia il pregio del film. Senza introduzioni o spiegazioni dapprima veniamo interamente calati nell'universo claustrofobico, e poi altrettanto repentinamente avviene lo scioglimento che però prelude alla seconda parte in cui madre e figlio devono fare i conti con la ripresa di una difficile normalità. Uno dei film più spiazzanti degli ultimi anni, una delle scoperte più emozionanti della stagione.

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LUX - marzo 2016

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