Soffio (Breath)
Kim Ki-duk - Corea del sud 2007 - 1h 24'

        Arriva film precedente in archivio Kim Ki-duk film successivo in archivio e, qui a Cannes, il concorso ha un colpo d'ala, lungo percorsi dove le logiche del reale si dissolvono in un mondo capace di intrecciare sogni e incubi e inchinarsi alle logiche irrazionali dell' amore. Con Soon (Soffio), il regista coreano si ricollega all' universo di Ferro 3, al suo sradicamento esistenziale e alla sua logica di violenza e sopraffazione, ma in modi ancor più radicali e stranianti. La protagonista del film, Yeon (Zia), moglie tradita di un ricco marito (Jung-Woo Ha), scopre che un prigioniero (Chang Chen), in attesa dell' esecuzione capitale e che ha già tentato due volte il suicidio in cella, è un suo fidanzato di gioventù. Senza spiegare al marito neppure le vere ragioni delle sue assenze, comincia a far visita al prigioniero in carcere. Lui non parla: è la conseguenze dei tagli che si è fatto alla gola, ma il parallelo con il mutismo del protagonista di Ferro 3 è troppo forte per non potervi leggere qualche valore metaforico sull' oppressione delle istituzioni (e più in generale della società) che «toglie» la parola alle persone. Lei invece gli si confessa davanti, ricordando momenti angoscianti della propria vita e aprendogli la propria anima di donna infelice e triste. Ma anche di insospettata «suffragetta» della voglia di vivere se dopo il primo incontro tappezza letteralmente il minuscolo parlatorio con immagini di panorami ispirati alle stagioni, a cui corrispondono anche i vestiti e la canzone con cui accoglie il prigioniero, forse più stupefatto dello spettatore. Affidandosi più alle immagini che alla (scarse) parole, Kim racconta una passione che cresce nonostante tutto sembri ostacolarla, dalla gelosia del marito alle regole del carcere (gli incontri sono osservati dall' occhio elettronico del direttore che interviene per fermare i segni di tenerezza tra i due, ogni volta però concedendo un po' più di tempo e di «libertà») per offrirci il quadro di un mondo dove tutti vivono imprigionati (la modernissima casa di Yeon ha quasi meno finestre del carcere) e dove i sentimenti non riescono a realizzarsi. Con una libertà narrativa che non si preoccupa della razionalità e con una forze espressiva che aggira la povertà di mezzi, questo film magico e misterioso prende per mano lo spettatore per portarlo dentro i misteri dei sentimenti umani e la logica apparentemente contraddittoria delle passione, capaci di dare vita e morte quasi nello stesso momento.

Paolo Mereghetti - Il Corriere della Sera

    Kim Ki-Duk ha ormai acquisito una capacità produttiva e realizzativa invidiabile. Riesce a realizzare in tempi brevissimi film che non mancano mai di stupire piacevolmente il pubblico del cinema di qualità anche se la critica internazionale, dopo averlo scoperto e promosso, sta progressivamente prendendone le distanze. Forse perché il suo è un cinema troppo personale (nel senso più pieno del termine) per continuare a piacere a lungo a chi cerca la novità per la novità. Il conflitto tra l'amore e la passione che si fa tutt'uno con il sesso, tra lo spirito e la carne che sembra a volte pretendere la violenza sono problemi che attraversano tutto il suo modo di fare cinema e che anche in questa occasione si ripropongono. Ancora una volta l'irrazionale irrompe in una vita 'normale' così come in quella di qualcuno che ha la morte con sé per averla procurata ad altri e aver cercato di darla a se stesso. La donna offre al condannato quel respiro che lui si è sottratto ma di cui anche lei sente il bisogno. Un respiro che può però anche trasformarsi repentinamente nel suo contrario: la soffocazione. L'interiorità di lei si è trasformata in un angelo con un'ala ripiegata che ha bisogno di spiccare il volo e che trova lo spazio nell'angusta dimensione di un carcere. Il regista sudcoreano sa bene come esprimere le tensioni interpersonali filtrandole attraverso l'uso delle immagini. L'uomo ha bisogno di immagini e di simulacri e questo film in particolare se ne occupa. La televisione, il circuito interno della prigione che registra gli incontri tra i due, i graffiti sul muro, le foto che la donna dona al condannato, gli stessi fondali iperrealistici che utilizza come sfondo con cui 'ricreare' il parlatorio sono tutti legati alla necessità di trasformare in immagini l'esperienza e al contempo fissarla per poterla in qualche modo possedere. Ma si tratta di un possesso fragile e reversibile. Come pupazzi di neve destinati a liquefarsi.

Mymovies.it


promo

Una giovane donna tradita dal marito si innamora di un condannato a morte. La loro passione sconvolgerà le vite di molti...
Affidandosi più alle immagini che alla parole, Kim racconta una passione che cresce nonostante tutto sembri ostacolarla (dalla gelosia del marito alle regole del carcere) per offrirci il quadro di un mondo dove tutti vivono imprigionati e dove i sentimenti non riescono a realizzarsi. Un film magico e misterioso che ci prende per mano e ci conduce dentro i misteri delle passione, capaci di dare vita e morte quasi nello stesso momento.

TORRESINO - settembre 2007

film del week-end precedente () film successivo presente sul sito