The Canyons
Paul Schrader - USA 2013 - 1h 39'


Venezia 70- Fuori concorso

    Nel corto da lui realizzato per Venezia 70 Future Reloaded Schrader si autoriprende mentre passeggia per New York, indossando un esoscheletro di microcamere e parla di cinema: “Viviamo in un mondo di icone sintetiche, il cinema cambia pelle continuamente, anche le sale cambiano o chiudono...”
Ed è proprio con una struggente successione di immagini dei mitici movie theatres deco hollywoodiani ormai chiusi e abbandonati che si apre il suo discusso film
The Canyons. Queste icone della vecchia Hollywood, che sembrano dei canyon, luoghi vuoti e deserti, polverosi e pieni di oggetti abbandonati, aprono il film e ricompaiono a separare le scene, come emblemi del vuoto nelle vite dei protagonisti, personaggi molto “meno di zero”, dominati dalla paranoia, dalla vanità e dalla noia, che si riprendono continuamente con i cellulari, che lavorano nel cinema, ma che di fatto i film non li fanno e nemmeno li vanno a vedere.

Perché il film si apre con una serie di cinema chiusi? Un’idea mia. Voglio che il pubblico capisca fin da subito che questo film non è stato concepito per la sala, è un film sul post-cinema, sulla morte della sala cinematografica, nato per essere poi visto su numerose piattaforme video... Per questo ho deciso di martellare lo spettatore con queste immagini”(P. Schrader)
Il film,dopo una serie di difficoltà nel reperire i fondi, è stato infatti finanziato online col crowdfunding, promosso e distribuito online, rappresenta quindi già su questo piano una rottura col mercato cinematografico. Rottura che ritroviamo nel modo in cui è stato concepito e girato, a partire dalla scelta del cast fino allo svuotamento del genere. Schrader parte da un genere tra i più codificati del cinema, il noir, che lui ha non solo praticato in modo eccellente, ma anche analizzato e teorizzato, lasciandoci uno dei più completi studi sull'argomento, per fare una riflessione sul cinema contemporaneo. E non a caso le reazioni al suo film sono simili a quelle che hanno accompagnato l'anno scorso, la proiezione di Passion di De Palma, che comportava un'operazione analoga e che purtroppo non ha trovato distribuzione
Come Passion, anche
The Canyons forza il linguaggio e i codici del cinema. Schrader gira a Los Angeles, lavora sui luoghi comuni, sull’inespressività degli attori, sulla forma patinata, sulla finzione insopportabile dei gesti stereotipati del cinema hollywoodiano.

La scelta del cast va in questa direzione: volti inespressivi da soap televisiva, che recitano prevalentemente se stessi, o meglio il loro stereotipo creato dai media: il porno divo James Deen, l'attrice da gossip, Lindsay Lohan, la giovane rivelazione televisiva di Glee, Nolan Funk. I loro personaggi: il produttore figlio di papà, la sua donna ex attrice perennemente in crisi, il toyboy con scarse speranze di diventare attore si muovono meccanicamente attorno al copione di un film che non si farà mai, perchè nessuno ha veramente voglia di farlo, intrecciando dialoghi costruiti, secondo le intenzioni dello sceneggiatore Brett Easton Ellis, sulla falsariga delle soap televisive.
Su di loro si muove, con grande abilità la macchina da presa di Schrader, che sembra svuotarli di ogni profondità, riducendoli a figurine come quelle riprese dai cellulari, che si muovono in uno spazio filmico già rappresentato, già visto, in televisione, nei porno movie, al cinema, fissati dalla bellissima fotografia di John DeFazio e accompagnati dalla musica evocativa di Brendan Canning.
Inutile cercare in questo film la tensione morale presente nelle sceneggiature (Taxi driver, Toro scatenato..) e nei film di Schrader (il paragone più immediato è con il bellissimo e struggente Hardcore), perché
The Canyons è un film disilluso, arrabbiato contro l'evoluzione dell'industria cinematografica, è un film sulla fine di un'epoca, che si è lasciata dietro solo macerie, ma che lascia aperti molti interrogativi.
“Il nostro è un film temerario, contro ogni produzione. Il cinema del secolo scorso non esiste più e non esiste più nemmeno l’egemonia delle sale cinematografiche: eppure sono certo che il cinema non sia destinato a scomparire” (P. Schrader)

Cristina Menegolli - ottobre 2013 - pubblicato su MCmagazine 35