The Constant Gardener - La cospirazione
Fernando Meirelles - USA/Gran Bretagna/Germania 2005 - 2h 09'

miglior attrice non protagonista (RACHEL WEISZ)


sito ufficiale

da La Stampa (Lietta Tornabuoni)

        Una passione coniugale, un'infamia sociale, un gran bel libro che è Il giardiniere tenace di John Le Carré (edizione Mondadori), per un ottimo film classico, scritto e recitato a perfezione, emozionante e coraggioso come sanno essere, senza tanti strilli e ostentazioni, certe opere anglosassoni. Un giovane uomo mite e riservato, diplomatico della High Commission inglese in una sede remota del Kenya settentrionale, amante del giardinaggio, coltivatore di fiori e piante con la stessa dedizione che si riserverebbe a un'arte o a un patrimonio (Ralph Fiennes). Una giovane donna bella vivace e spiritosa, sua moglie, attivista sociale appassionata, polemista molto attraente (Rachel Weisz). La coppia innamorata viene spezzata dal brutale assassinio di lei. I colleghi del marito subito sospettano un omicidio passionale, pettegolano su un medico locale che accompagnava l'uccisa e che è stato visto fuggire dal luogo del delitto, mormorano d'una relazione che la signora pare avesse con un diplomatico. Il marito non crede ad alcuna di queste ipotesi. Comincia a indagare. La moglie stava raccogliendo informazioni e testimonianze sulle grandi industrie farmaceutiche internazionali che senza spiegare nulla sperimentano i propri nuovi farmaci sugli africani e ne nascondono le conseguenze di morte o di atroci effetti collaterali, spesso sostenute dai corrotti governi locali, da diplomazie disoneste e razziste. Il marito, che giudicava la moglie un poco esaltata e fanatica, ne segue il percorso e il lavoro, s'indigna come lei, vuol cambiare le cose, sente cambiare la propria natura tranquilla e inerte, paga il prezzo del coraggio. Nella infamia sociale nulla o quasi è inventato: l'episodio delle industrie farmaceutiche che usarono le donne di Portorico per sottoporre a test i propri farmaci anticoncezionali, i test di massa eseguiti su popolazioni africane o asiatiche, sono forse divenuti più rari in seguito all'intervento delle istituzioni sovranazionali, ma certo restano impossibili da dimenticare. The Constant Gardener di Meirelles è un film affascinante: sono ammirevoli il giusto sdegno sociale mescolato alle piccinerie della diplomazia inglese, la calma pulizia della regia applicata agli orrori del capitalismo selvaggio, l'intensità semplice. Ralph Fiennes, con la sua aria addormentata, è perfetto per il personaggio; Rachel Weisz è incantevole, ha una vitalità e vivacità niente affatto artificiali ma del tutto spontanee: e quanto tempo era che non si vedevano al cinema marito e moglie così innamorati, così incapaci di vivere l'uno senza l'altra?

da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro)

        Inseguendo la storia con affanno emotivo e la camera a mano, Fernando Meirelles, regista brasiliano d'impegno e denuncia, traduce il romanzo di Le Carrè sullo scandaloso traffico di cavie a Nairobi, nel cuore epidemico dell'Aids, complici le multinazionali della medicina e i sudditi di sua maestà britannica. Il giardiniere «tenace» del titolo è un diplomatico inglese vedovo di una ragazza fatta fuori perché troppo curiosa delle malefatte altrui (un Oscar a Rachel Weisz): l'uomo, portato all'osservazione del ritmo di piante e stagioni, si darà all'avventura come uno 007. La cosa bella è questa metamorfosi che Ralph Fiennes esprime bene e con finezza, mentre il film è un tradizionale thriller ma seduce un vasto pubblico ma con una polemica di attualità. Ritmo buono, percussioni africane per sedare l'inconscio e una gran voglia, all'uscita, di ribellarsi in qualche modo alle mostruosità.

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

        Adattamento di un romanzo di John Le Carré, The Constant Gardener frulla testimonianza politica, storia di spie (con l'azione che salta da un continente all'altro), love-story drammatica. Dopo l'assassinio della moglie, giovane attivista per i diritti umani, lo svagato diplomatico Justin Quayle apre gli occhi sulla realtà. La donna stava raccogliendo le prove di una pratica vergognosa: in Kenya, malati usati come cavie per testare un nuovo medicinale. Justin trova il coraggio di affrontare, da solo, un complotto internazionale. Nello stile della rappresentazione, meticcio quanto la storia che racconta, Meirelles sposa la fiction con la forma documentaristica, traducendo l'urgenza della denuncia in atteggiamenti da "cinema diretto". Nello stesso tempo, però, si lascia andare a esercizi di stile, come nel precedente City of God. Senza rendersi conto che la mescolanza di realismo e stilizzazione fagocita, poco a poco, la denuncia di una realtà miserabile, somma dello strapotere delle multinazionali, della corruzione dei governi post-coloniali, delle condizioni di vita dei sudditi; rendendo il tutto un po' artificioso e irritanti alcuni dei momenti di maggiore tensione drammatica. E poi, diciamolo: vedere volti di star mischiati a volti di bambini africani affamati produce quell'effetto di "abiezione" di cui parlava Serge Daney. Anziché dare visibilità agli "invisible children", le star vi si sovrappongono, li sostituiscono, finiscono per cancellarli.

Venezia 62°

promo

Dal romanzo di Le Carrè, un film di spettacolo e di impegno sullo scandaloso traffico di cavie a Nairobi, nel cuore epidemico dell' Aids, complici le multinazionali della medicina e i sudditi di sua maestà britannica... Il giardiniere «tenace» del titolo è un diplomatico inglese vedovo di una ragazza fatta fuori perché troppo curiosa delle malefatte altrui (Rachel Weisz, OSCAR MIGLIOR ATTRICE NON PROTAGONISTA): un thriller che seduce per la forte polemica di attualità. Buon ritmo e camera a mano, percussioni africane per sedare l'inconscio e una gran voglia, all'uscita, di ribellarsi in qualche modo alle mostruosità.

TORRESINO - aprile 2006
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