Tobia al caffè
Gianfranco Mingozzi - Italia 2000

da La Repubblica (Roberto Nepoti)

Il Caffè Quattro Palme è un locale elegante e quieto, frequentato da aristocratici, borghesi in pensione, cantanti liriche, ufficiali che non ricordano nemmeno più da quanti anni siedono a quei tavoli. Fa eccezione Tobia, il ragazzo figlio di una ricca coppia che ne diventa la mascotte e il principino. Chi gli vuole più bene è Giuseppe (Roberto Citran), cameriere solitario e padre vicario del bambino dopo che questi ha perduto prematuramente i genitori. Il caffè, però, è soltanto una terra di confine. Un giorno entra un gruppo di giovani; tra loro c’è una ragazza di cui Tobia, ormai cresciuto, s’innamora. Con l’arrivo della bella Annetta, punto di congiunzione tra reale e irreale, la magia è spezzata: decaduto, il luogo diventa meta di turisti distratti e parsimoniosi, poi rifugio di barboni. Autore di straordinari documentari a partire dagli anni ‘60, in tempi più recenti Gianfranco Mingozzi si è convertito a un cinema di poesia e di metafora; senza venire meno, però, a principi di coerenza stilistica e di attenzione alla realtà. In Tobia al caffè, tratto da un racconto di Marco Lodoli (cosceneggiato dall’autore), la realtà fa irruzione in un luogo apparentemente fuori del tempo e dello spazio, afferma le sue esigenze e cambia la vita dei protagonisti. La chiave rappresentativa scelta da Mingozzi è metaforica, a tratti in bilico tra la vita, l’immaginazione, il sogno (il tutto con una dose di benevola ironia, che non guasta).

cinema invisibile cinema LUX maggio-giugno 2001
incontri con il cinema italiano