Tropical Malady  (Sud Pralad)
Apichatpong Weerasethakul - Francia/Thailandia 2004 - 1h 58'


 

Premio della giuria al Festival di CANNES
Vincitore del Festival dei film con tematiche omosessuali di TORINO

da La Stampa (Lietta Tornabuoni)

      Tropical Malady del thailandese Apichatpong Weerasathakul film successivo in archivio è una prova fisica (due ore) ma è molto bello. Nella prima parte allegra e radiosa l'amore tra due ragazzi, un contadino e un soldato, viene raccontato con gioia e serenità. Nella seconda parte il contadino scompare e il soldato comincia a cercarlo nella foresta: in paese dicono che una strana bestia selvaggia uccide le mucche, la leggenda ricorda che un essere umano può mutarsi in belva... Il soldato seguita a cercare nel folto della vegetazione, solo, nel buio della notte: incontra un aggressivo scattante uomo nudo, si trova di fronte una tigre feroce, patisce di quella malattia tropicale che è il ricordo di quanto si è amato. Il film lo lascia inselvatichito, immerso nella contemplazione di misteri, sonorità, fantasmi. Stile perfetto, sofisticato: se la prima parte ricorda l'ottimismo luminoso e ingenuo del cinema sovietico o americano sul lavoro e sulla Natura, la seconda parte evoca l'oscurità notturna del cinema coreano o italiano d'orrore, e le due visioni trovano un modo sotterraneo d'armonizzarsi. Se non fosse troppo semplice, più semplice di una canzone, si potrebbe pensare a una metafora amorosa: con la ricerca buia e confusa nella giungla a rappresentare la nostalgia per l'amore perduto, l'affastellarsi dei «perché?» di fronte all'abbandono, l'intrico delle ipotesi, l'impossibilità di trovare una nuova analoga passione o di ritrovare quella smarrita. Ma il regista (35 anni, nato a Bangkok, architetto, diplomato in regia a Chicago) dice invece che la parte girata nella giungla nord-orientake della Thailandia rappresenta piuttosto la sua memoria personale, l'indimenticata felicità dell'infanzia, la estensione dei ricordi, l'amore per misteri, racconti e leggende popolari, l'eterna rivisitazione di un bel passato: «in Tropical Malady gli amanti vengono soffocati dal loro amore, perchè così è giusto e naturale»...

da Film Tv (Pier Maria Bocchi)

      Attenzione, oggetto non identificato in arrivo. Il cinema del thailandese Apichatpong Weerasethakul sembra fatto apposta per irritare tutti, le platee d’essai e i cinefili, i frequentatori di festival e i critici. Ma Weerasethakul è già oltre. Se non l’avete malvisto, recuperate il suo incredibile Blissfully Yours. E abbiate la pazienza e il coraggio di inserirvi totalmente in questo suo malessere tropicale, dove ogni regola, perfino sintattica, è frantumata, e non certo per egotismo o egocentrismo intellettuali. Realtà e leggenda si sommano e si confondono, in Tropical Malady. Due ragazzi si incontrano e si piacciono, e poi si cacciano. È bene non dire di più, e nemmeno chiarire. Tropical Malady è sogno, incubo, stato di trance perenne, ed entra nell’humus dell’uomo e di un immaginario -culturale, storico, cinematografico - in grado di cogliere di nuovo alla sprovvista. Il cinema è per fortuna ancora campo di battaglie emotive. Dunque, va bene anche il fastidio. Che li si accetti o no, che li si gradisca o no, i film di Weerasethakul sono i più nuovi in circolazione. Le idee teoriche, tecniche e tattili di Tropical Malady non si possono sintetizzare. Da brividi l’ultima parte, nella foresta, con la tigre e l’albero “luccicante”. Non è per tutti i gusti, ma è un ufo che scalda l’intelligenza. Si esce quantomeno intontiti, credete.

da Il Corriere della Sera (Maurizio Porro)

      Un «film da festival» (ha vinto quello gay di Torino) per amanti di un cinema estremo, oscuro ma vitale, innovativo e geniale. Che insiste, nell'assoluto del cinema e contro ogni sintassi consunta dall'uso, a inquadrare l'invisibile, raccontando, con la mediazione del mito alla Levi Strauss, quella parte oscena e segreta dentro di noi. Racconto diviso in giorno e notte, che s'immerge nelle ombre di un luogo della selva oscura tropicale. Il soggetto è un'affettuosa amicizia tra un soldato e un ragazzino che, come in una fiaba, incontrano nel bosco giungla una tigre che è l'inconscio, il senso di colpa, etc. Fascinazione filmica assoluta, lasciatevi prendere per l'Es dal regista thailandese Apichatpong Weerasethakul.

i giovedì del cinema invisibile TORRESINO ottobre-dicembre 2005